I miracoli, teorizzava Lello Arena in una nota scena di Ricomincio da tre, non hanno tutti lo stesso coefficiente di difficoltà. Quello ordinario tentato dai Foja con il loro nuovo album ambisce al raggiungimento di una rinnovata identità poetico-musicale capace di declinare l’originario linguaggio folk in un esperanto pop elettronico, attraverso una produzione più presente e definita rispetto agli album precedenti. «Miracoli e rivoluzioni», due dei motivi ricorrenti in quella Napoli che per il gruppo guidato da Dario Sansone è casa e frontiera allo stesso tempo, come dimostrano le numerose presenze chiamate a certificare le commistioni saggiate dalle dodici tracce: Enzo Gragnaniello, Michele Signore della NCCP, Clementino, Davide Toffolo, Lorenzo Hengeller, Alejandro Romero (di cui si traduce La mano de Dios, inno a Maradona). Un ritratto di gruppo che, per quanto eloquente nel definire il contesto di riferimento, interrompe un po’ troppo la continuità espressiva della band partenopea. Che piccoli miracoli pure li realizza, in brani come Duje comm’a nuje e Pe’ te sta’ cchiù vicino, proprio quelli maggiormente legati al loro stile classico: la rivoluzione può attendere?