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I fiori di loto e la terra dei cachi

I fiori di loto e la terra  dei cachi

Il colonnino infame La sapeva lunga il vecchio Orson Welles...

Pubblicato più di un anno faEdizione del 10 giugno 2023

La sapeva lunga il vecchio Orson Welles: «in Italia per 300 anni ci sono stati guerre, terrore, spargimenti di sangue e hanno prodotto Michelangelo, Leonardo, il Rinascimento; in Svizzera hanno avuto 500 anni di pace e cosa hanno prodotto? L’orologio a cucù.»
Già, le cose stanno così: è ai criminali di ieri che dobbiamo la Cappella Sistina, la Gioconda, l’Orlando furioso… e a quelli di oggi? Ai criminali di oggi dobbiamo il neorealismo, la 500, la dolce vita, la Ferrari, 2 coppe del mondo di calcio, Rita Levi Montalcini e il terzo polo E noi, a loro, cosa abbiamo dato? Poco e niente, mentre in Giappone… sentite qua: giugno 1981, Issei Sagawa studente giapponese di letteratura inglese alla Sorbona di Parigi invita a cena a casa sua la bella Renée Hartevelt, compagna di studi per la quale ha evidentemente un debole. Ma quella sera, Issei, per lei non cucina: quello che infatti la povera Renée non sa, è che la cena è lei. Quando la polizia lo arresta Sagawa è dichiarato incapace di intendere e viene estradato in Giappone dove in galera scrive un libro dal titolo: «Scusate se esisto». È pentito? Se lo è nessuno se ne accorge. Sia come sia il libro diventa un caso letterario che scala le classifiche e Issei è invitato a presentarlo in vari talk-show televisivi. Diventando una star. A quel punto le porte della prigione si aprono e da allora Issei Sagawa scrive diversi best seller, tiene una rubrica di cucina per una testata nazionale e recita in un film nella parte d’un aspirante cannibale. A quel punto la sua fama varca i confini, tanto che perfino i Rolling Stones gli dedicano una canzone: «Too Much Blood» inclusa nell’album Undercover. Niente male per uno che in curriculum ha in fondo una sola, unica vittima.

Così nel Paese dei Fiori di Loto.
E qui da noi nella Terra dei Cachi?
Qui, per esempio, abbiamo chi in curriculum può vantare diversi ergastoli in via definitiva per una decina di omicidi più una strage con ottantacinque vittime; anche lui, se è pentito nessuno se n’è accorto. Ma al contrario del più fortunato collega giapponese, il nostro pregiudicato ha ottenuto poco e niente: intanto si è fatto ben 26 anni di prigione, quindi lavora come semplice impiegato presso un’associazione tanto meritoria quanto trascurabile e ultimamente scrive su un giornale già gloriosamente morto e sepolto, da poco impietosamente riesumato. E tutti a dargli addosso.
Morale della favola? Se non sopporti l’ingratitudine non accoppare nessuno.

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