I due Yemen di fronte all’Onu
Dialogo a Ginevra Il negoziato parte sotto cattivi auspici: gli Houthi bloccati dall'Egitto in Gibuti arrivano un giorno in ritardo. Raid Usa uccide il capo in seconda di al Qaeda
Dialogo a Ginevra Il negoziato parte sotto cattivi auspici: gli Houthi bloccati dall'Egitto in Gibuti arrivano un giorno in ritardo. Raid Usa uccide il capo in seconda di al Qaeda
Alla fine i ribelli Houthi sono atterrati a Ginevra, dopo aver denunciato presunti tentativi da parte dell’Egitto di non farli partire dal Gibuti. I rappresentanti sciiti sarebbero dovuti arrivare in Svizzera per il negoziato Onu lunedì, contemporaneamente al team del presidente Hadi. Ma Il Cairo – secondo il portavoce Houthi, Abd as-Sala – avrebbe impedito all’aereo di sorvolare il territorio egiziano.
Per gli Houthi, un palese sgambetto da uno dei più stretti alleati sauditi nella coalizione anti-sciita, a cui le Nazioni Unite hanno rimediato ospitando su un proprio volo la delegazione. Che negoziato sia, seppur agli ostacoli fisici ora seguano quelli politici. Il segretario generale Ban Ki-moon punta su un bottino che ritiene più archiviabile di una transizione politica: tregua umanitaria dall’inizio del Ramadan, il 18 giugno.
Il cessate il fuoco, spiega l’Onu, è indispensabile per frenare una devastante crisi umanitaria: 2mila morti, 3.500 feriti, 20 milioni di civili (l’80% della popolazione) con immediato bisogno di aiuto. Una crisi dovuta alle bombe saudite che piovono ininterrotte – nonostante due mesi fa Riyadh avesse annunciato la fine dell’operazione – ma anche al blocco imposto dall’Arabia saudita: non entrano né aiuti né carburante necessario al funzionamento degli ospedali.
«Mentre le parti litigano, lo Yemen brucia – ha detto Ban Ki-moon – Prima di tutto, una pausa umanitaria per permettere ai soccorsi di raggiungere tutti gli yemeniti. Secondo, chiedo alle parti di raggiungere un accordo su cessare il fuoco locali. Terzo, chiedo di riavviare la transizione pacifica e politica e garantire che includa rappresentanti di altri partiti, donne, giovani e società civile».
Richieste che difficilmente saranno accolte: il presidente Hadi, sostenuto dal pugno forte dell’Arabia saudita, ha ricordato di essere a Ginevra solo per concordare l’implementazione della risoluzione 2216, ovvero il ritiro degli Houthi dai territori occupati. Da parte sua il movimento sciita – che con una strenua resistenza sta mettendo in crisi la macchina da guerra saudita – vuole la testa di Hadi.
L’assenza dello Stato fa il gioco di al Qaeda nella Penisola Arabica che ha assunto il controllo della provincia sud di Hadramawt. E se Riyadh evita di colpire i qaedisti che combattono gli Houthi trasformandosi in comodi alleati, gli Usa hanno ripreso i bombardamenti con i droni. E hanno ottenuto una vittoria consistente: venerdì è stato ucciso il numero due di al Qaeda, capo del braccio yemenita ed ex segretario personale di Bin Laden, Nasser al-Wuhayshi. La scomparsa del capo in seconda di al Qaeda, scrivono alcuni analisti, potrebbe rafforzare la propaganda dell’avversario Isis, presente in Yemen con alcune cellule dichiaratesi responsabili dell’attentato contro una moschea di Sana’a, il 20 marzo.
L’organizzazione ha confermato la morte del leader e annunciato il successore, Qasim al-Raimi, considerato la mente dietro attacchi terroristici dentro e fuori lo Yemen.
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