I dilemmi di un neo ambientalista in viaggio dentro la crisi climatica
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I dilemmi di un neo ambientalista in viaggio dentro la crisi climatica

La vita quotidiana ai tempi della crisi climatica rivela una nuova condizione esistenziale e ispira romanzi distopici. Dal canto suo, il sociologo Nikolaj Schultz ne fa un racconto di formazione […]
Pubblicato circa un anno faEdizione del 14 settembre 2023

La vita quotidiana ai tempi della crisi climatica rivela una nuova condizione esistenziale e ispira romanzi distopici. Dal canto suo, il sociologo Nikolaj Schultz ne fa un racconto di formazione in prima persona – indefinito il confine fra realtà e sogno – nel libro Mal di Terra.

LA STESURA, SPIEGA l’autore in appendice, è stata resa possibile dalla sovvenzione del programma Mondes nouveaux del ministero della cultura francese: una disponibilità che segnala lo sdoganamento del tema. L’edizione italiana ha altre peculiarità: è pubblicata a Venezia dall’impresa sociale no-profit Wetland, su carta sostenibile e con la copertine a base di alghe adriatiche.

ESORDIO: LE NOTTI INSONNI del protagonista, a Parigi, perché fa troppo caldo. Il caos climatico è arrivato a picchiare sulle teste degli stessi occidentali, a lungo risparmiati. Il narratore, eco-neofita, si arrovella nei dilemmi. Raffrescare la stanza per esempio, significa immettere CO2 nell’atmosfera e farne pagare il prezzo soprattutto altrove, «da qualche parte nel Sud del mondo». E anche il desiderio di «vedere il mio nome sulla copertina di un libro esposto in qualche libreria parigina – mi trasporta a centinaia di chilometri di distanza, e mi fa atterrare dritto in qualche bosco secolare, facendomi contribuire alla deforestazione». Non si può più aspirare a nulla, in modo legittimo. «Prodotto dopo prodotto, avvolti nella plastica che poi va a finire nell’oceano, i problemi riempiono il carrello quando faccio la spesa al supermercato». Insomma, da perderci la testa.

E IL CIBO? COMPLICATO. «Ho smesso di mangiare carne, ma gli avocado e la quinoa con cui l’ho sostituita causano degrado del suolo e carenza d’acqua nelle terre in cui vengono coltivati». Insomma, una consapevolezza paralizzante è «la mia nuova condizione umana, attraversata e determinata dall’entità planetaria delle azioni della mia specie».

IN QUESTA NUOVA GEOGRAFIA dove nulla è più unicamente locale, né unicamente globale, il protagonista prova a fuggire, a isolarsi. Ovviamente in un’isola: la provenzale Porquerolles, acque cristalline e tutto il resto. Via, preparare la valigia, calcolando con tormento le emissioni legate al vestiario.

MA NEMMENO a Porquereolles la realtà lascia scampo. Il mare tutto intorno ha perso in 50 anni quasi la metà della popolazione di mammiferi e un terzo dei suoi pesci; quanto al mondo vegetale, si sta perdendo la Posidonia oceanica, polmone del Mediterraneo. E l’isola vede il continuo arrembaggio dei turisti. «Colonizzatori. Stranieri. Conquistatori. Pirati. O semplicemente persone normali in vacanza. Sembrano tutti educati. Sembrano tutti normali. Sembrano tutti come me».

COSÌ, UNA PARTE DEI POCHI abitanti, sull’isola che ormai ha bisogno delle navi cisterna, si sente profuga in casa, senza più diritti. «La sua isola per la mia libertà, la mia libertà per la sua isola, ma a poco a poco entrambe sembrano dissolversi». Laurent, abitante che fa da Virgilio al protagonista, spiega che ad alcuni abitanti l’economia turistica spinta sta bene, mentre altri vogliono limitarla per preservare gli ecosistemi.

QUANDO IL SISTEMA di produzione si trasforma in «sistema di devastazione, rimescolando la questione della sussistenza delle società, delle comunità e dei loro habitat», ecco che compare un nuovo scenario, adatto alle analisi di un sociologo: le «classi geo-sociali, che non vengono definite in base alle loro relazioni con i mezzi di produzione, ma a relazioni antagoniste con le condizioni territoriali per l’esistenza, comprese entità come terra, clima, aria, energia, suolo, cibo, acque e colture». Così l’affiliazione a un territorio minacciato unisce persone con status economico e culturale diverso. E la lotta che le accomuna «non è certo quella per «appropriarsi dei mezzi di produzione»; sembra piuttosto «contro le pratiche di produzione, poiché queste pratiche stanno facendo scomparire la loro isola». Il territorio e i suoi abitanti come nuovi sfruttati.

INTANTO L’IO NARRANTE si rimette in barca. Il diario di un viaggio immaginario ai confini dell’Antropocene prosegue.

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