I dialoghi impossibili: un pittore ateo e Dio
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I dialoghi impossibili: un pittore ateo e Dio

Hieronymus Bosch, Quattro visioni dell’Aldilà, 1500 ca.

Fulmini e saette Un pittore ateo muore pensando che cadrà nel nulla. Si addormenta per sempre, ma si risveglia in un altro mondo...

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 2 aprile 2022

Un pittore ateo muore pensando che cadrà nel nulla. Si addormenta per sempre, ma si risveglia in un altro mondo.
Un mondo diverso da quello che ha vissuto, ma non tanto. Diverso come un quadro è diverso dal precedente fatto dallo stesso pittore.
Cammina cammina a un certo punto salta fuori Dio in persona. Il pittore è ancora più sorpreso.

Dio: «Cosa ti sorprende tanto?»
Pittore: «Non credo in un Dio creatore onnipotente del cielo e della terra che premia e punisce… Todo modo, ora troverò una sistemazione definitiva, Paradiso o Purgatorio o Inferno che sia – non sopporto l’incompiutezza.»
Dio: «Ma nemmeno questo altro mondo ha niente di stabile, definitivo: anche questo è transitorio, provvisorio. Io so creare mondi, ne ho creati tanti in tanti anni, non so fare altro che creare mondi, ma nessuno mi viene fermo, permanente, perfettamente compiuto. Niente ripetizioni, che sono antitesi della creatività, ma tutte variazioni…»
Il pittore: «Sai che anche a me succedeva esattamente questo? Non mi ripetevo mai, e per questo facevo l’artista… ho sperimentato sempre infinite variazioni. Ma un quadro conclusivo, definitivo non l’ho mai fatto.»
Dio: «Neppure io. Ci vediamo.»

Passano gli anni. Il pittore ateo muore. Anche in questo altro mondo, essendo precario, aleatorio, si muore. Si risveglia ancora e si trova un po’ diverso, in un mondo un po’ diverso, diverso dal primo mondo e anche dal secondo mondo.
Cammina cammina ritrova ancora una volta Dio, anche lui però è un po’ diverso.
Il pittore: «Insomma, anche tu ti trasformi continuamente…»
Dio: «Sì, è il destino di noi creatori, non c’è niente che trasformi come creare qualcosa, anche di imperfetto…»

Il pittore: «Allora aveva visto giusto il filosofo Hans Georg Gadamer, quando diceva che l’arte è un’esperienza del mondo e nel mondo che trasforma radicalmente chi la fa…»
Dio: «Aveva ragione e aveva torto. L’arte trasforma continuamente chi la fa, ma non radicalmente. La radice è la continuità della trasformazione, non la sua radicalità. Todo modo, anch’io come te non credo in un Dio creatore onnipotente del cielo e della terra che premia e punisce…»

E se ne vanno fianco a fianco, dialogando amichevolmente come tutti gli esseri autenticamente creativi, continuando senza fine a vivere e morire.

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