I desideri nel nodino del cuore
Il pranzo di Natale Questa mattina sono andata al mercato e ho comprato degli sgombri freschi da Kadija la mia pescivendola marocchina di fiducia, che mi sfiletta tutto anche quando mezzo chilo di acciughe […]
Il pranzo di Natale Questa mattina sono andata al mercato e ho comprato degli sgombri freschi da Kadija la mia pescivendola marocchina di fiducia, che mi sfiletta tutto anche quando mezzo chilo di acciughe […]
Questa mattina sono andata al mercato e ho comprato degli sgombri freschi da Kadija la mia pescivendola marocchina di fiducia, che mi sfiletta tutto anche quando mezzo chilo di acciughe mi costa due euro. Buon Natale! Ci siamo augurate. Lei è musulmana, io buddista. Ma Buon Natale! Lo stesso. Decidiamolo. Che Natale è una festa (anche) laica. Decidiamo che Natale è liberi tutti. Che Natale è come dire…il compleanno, ferragosto, capodanno. Sospensione. Per noi. E per chi non ricordiamo di essere, da quando abbiamo deciso di diventare adulti e fare la gincana con i nostri desideri più puri e più veri.
Siamo bambini in quell’esatto punto lì. Nel nodino che sta intorno al nostro cuore e ci rende cristallini e pronti a divertirci e sorridere. Lì siamo felici. Quando andiamo oltre le nostre tensioni, anche famigliari, e decidiamo che nonostante tutto possiamo provare a rilassarci secondo i dettami natalizi, possiamo tracannarci una bolla di qualsiasi provenienza, meglio due, no meglio tre, per iniziare. Possiamo stuzzicare gli aperitivi, aprire lo stomaco, fare due chiacchiere.
Di solito io a questo punto mi sciolgo e inizio a baciare tutti, perché l’ansia natalizia mi è scesa – e non è un mito l’ansia natalizia, è scientificamente provato che davvero la gente è in media più instabile in questo periodo- e mi accorgo di chi ho di fronte. Mia madre, mio padre, i cugini, mio fratello. La mia famiglia. La gente che amo. Anche quando li odio, li amo sempre più di tutto. E poi ci sono mio marito e mio figlio, che vuol dire deresponsabilizzazione totale, perché la bambina non sono più io ma c’è Leone e il piccolo è lui. Quest’anno arriverà Babbo Natale e scenderà dalla scala dei nonni e urlerà «Oh oh oh» e gli darà i regali e si mangerà un mandarino e se lo ricorderà tutta la vita. Metteremo le gambe sotto il tavolo e divideremo il pane. Sarà buonissimo e semi tradizionale perché anche le tradizioni evolvono altrimenti diventano tristi.
Non sarà triste questo Natale, perché sono mamma e sto scrivendo questo articolo. Non sarà triste perché Saturno non è più contro. Non lo sarà perché abbiamo capito che ormai va anche bene non credere più in niente che non sia dentro di noi, così delusioni atroci non ce ne sono ma nel frattempo abbiamo imparato a combattere per le nostre vite. Però. C’è qualcosa che profondamente ci/mi disgusta. Qualcosa per cui un prete in effetti dovrebbe scendere in campo e scagliare sì una pietra e urlare: Vergogna! Sindaco di Como che impunemente non conti fino a un milione prima di dire e fare schifezze, con che diritto imponi agli altri un pensiero di cui questo mondo, la tua città, non solo può fare a meno ma sarebbe indiscutibilmente migliore.
A parte il nodino intorno al cuore, la questione è la libertà, di essere ai confini piuttosto che seduti su un sofà. La libertà di essere poveri e disperati senza doversi giustificare. Ma soprattutto la libertà di agire come meglio pensiamo, se vogliamo aiutare, sfamare, se decidiamo che nella nostra vita c’è spazio per la compassione e la condivisione, che sono le due matrici costitutive del cibo, chi può mettersi di mezzo tra noi e ciò che vogliamo essere? Natale, signor sindaco, è un’altra cosa. In effetti, forse per lei sarà triste.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento