I costi nascosti degli sprechi
Dossier L’Osservatorio Waste Watchers International ha calcolato il costo energetico e l’impatto idrico dello spreco alimentare. In Italia vale l’1% del Pil
Dossier L’Osservatorio Waste Watchers International ha calcolato il costo energetico e l’impatto idrico dello spreco alimentare. In Italia vale l’1% del Pil
Lo spreco, lo spreco alimentare domestico in particolare, spiega bene il legame fra cibo, energia e acqua e i relativi costi economici e ambientali. Per produrre gli alimenti che mangiamo abbiamo bisogno non solo del suolo agricolo ma anche di acqua ed energia. Il fatto è, appunto, che una buona parte della produzione agricola, un terzo secondo la Fao a livello globale, non arriva alle nostre tavole. Si perde o si spreca da qualche parte considerando che la perdita riguarda le fasi che vanno dalla raccolta alla trasformazione, dal trasporto alla conservazione mentre lo spreco vero e proprio sta soprattutto nelle nostre case.
DUNQUE PERDITE E SPRECO non sono soltanto chilogrammi di alimenti ma anche kilowatt di energia o litri di acqua oltre che ettari di suolo ed euro che misurano il valore economico. Insomma si tratta di capitale naturale ed economico che sciupiamo negli alimenti che non raggiungono le nostre tavole oppure che avanzano nei nostri piatti. Una misura di questi costi «nascosti» ci può aiutare a capire quanto vale questo fenomeno. Waste Watcher International, l’Osservatorio della Campagna Spreco Zero che sta realizzando una mappatura dello spreco domestico a livello globale, in occasione della terza giornata Onu per la consapevolezza su perdite e sprechi alimentari ha presentato il secondo Cross Country Report (13 ottobre a Roma) dedicato a 9 paesi: Italia, Spagna, Germania, Francia, Regno Unito, Usa, Sudafrica, Brasile, Giappone.
L’INDAGINE, REALIZZATA in collaborazione con Ipsos su un campione rappresentativo di 9 mila cittadini, guarda i comportamenti di consumo alimentare con una metodologia comportamentale mai testata prima. Una fotografia sulle abitudini alimentari a livello mondiale che, ripetuta annualmente, ci aiuta a capire non solo quanto si sprecano alimenti ancora buoni da mangiare ma anche i relativi costi.
LO SCOPO DI QUESTO LAVORO, sostenuto da diversi partner istituzionali e privati, è quello di promuovere politiche pubbliche e private per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda Onu 2030, in particolare il 12.3 dove si auspica di dimezzare gli sprechi alimentari. Tuttavia senza una metrica solida di valutazione dei progressi (o regressi), che è lo scopo dell’Osservatorio Waste Watcher International, gli ambiziosi obiettivi Onu saranno ancora più difficili da raggiungere.
CIO’ PREMESSO, l’indagine WWI 2022 conferma il forte collegamento fra abitudini di consumo, spreco alimentare, diete sane e sostenibili come la Dieta mediterranea, e salute. Un forte segnale di allarme viene dall’incremento dello spreco di ortofrutta, componenti fondamentali di una nutrizione equilibrata e salutare, in tutti i paesi analizzati. Qualche dato ci fa capire il fenomeno in un’ottica comparativa.
IN ITALIA GETTIAMO INDIVIDUALMENTE 30,3 grammi di frutta alla settimana, segue l’insalata con una media di 26,4 grammi pro capite, e il pane fresco con 22,8 grammi. Ci superano però gli Usa, con 39,3 grammi a testa, la Germania con 35,3 e il Regno Unito che si attesta su uno spreco settimanale di 33,1 grammi a testa. In tema di spreco della frutta vanno meglio il Sudafrica (11,6 grammi) o la Francia (25, 8 grammi). E ancora, in Italia gettiamo ogni settimana 21 grammi di verdure e ben 22,8 grammi di tuberi, aglio e cipolle. Mentre altrove, nella nefasta hit degli alimenti più sprecati, entrano per esempio latte e yogurt (38,1 grammi settimanali negli Usa, 27,1 in Germania), o ancora gli affettati e salumi (21,6 grammi in Francia, 14,2 grammi settimanali in Giappone), ma anche riso e cereali che in Brasile si gettano per 27,2 grammi settimanali, o i cibi pronti che i giapponesi sprecano in media di 11,5 grammi.
LO SPRECO DI ORTO-FRUTTA, e di altri alimenti come latte e derivati, riso e pasta… seppur variabile da paese a paese determina una criticità rispetto all’adozione di diete sane e sostenibili come quella Mediterranea per l’Italia. Fra le cause c’è senz’altro il progressivo impoverimento economico della popolazione (l’inflazione alimentare a due cifre) che acquista prodotti di costo più basso e spesso di minore valore nutrizionale, alimenti che peraltro deperiscono prima. Si ha quindi un doppio impatto negativo: sullo spreco alimentare «quantitativo» e sullo spreco «calorico» nel senso di un abbassamento del valore nutrizionale degli alimenti che compongono la dieta.
L’OSSERVATORIO, LIMITATAMENTE al caso dell’Italia, ha inoltre calcolato il costo energetico e l’impatto idrico imputabili allo spreco alimentare domestico. Il costo energetico sul valore medio dello spreco alimentare domestico è passato da 1,82 miliardi di euro del quarto trimestre del 2020 a 6,4 miliardi del quarto trimestre del 2022. Dunque se aggiungiamo il costo energetico al valore economico dello spreco domestico, 9,2 miliardi di euro nel 2022 (7 nel 2020), attualmente si superano 15 miliardi di euro, circa un punto di Pil.
L’IMPATTO IDRICO DELLO SPRECO alimentare domestico nel 2022 è pari a 749,7 miliardi di litri pari, per fare un paragone, a quasi 10 volte le precipitazioni rilevate in Emilia Romagna dall’inizio dell’anno alla fine di agosto o al 10% del fabbisogno idrico dell’Africa (rielaborazione su dati Arpae e Ispra).
ALTRIMENTI DETTO LO SPRECO domestico va considerato non solo dal punto di vista del valore economico del prodotto che si acquista e poi si getta via ma anche in termini dei costi energetici e idrici. Che fare dunque? Le indicazioni che derivano dai paesi oggetto dell’indagine WWI 2022 sono chiare e si adattano perfettamente al «caso» italiano: vanno verso una «spinta gentile» con programmi di educazione alimentare nelle scuole, a partire dalle primarie, per far capire ai giovani e alle loro famiglie che il cibo ha tanti valori: economici, nutrizionali, ambientali… Di fronte al dovere di non sprecare tuttavia va riconosciuto il diritto a mangiare bene. Lo ius cibi, il diritto ad un’alimentazione adeguata dovrebbe essere riconosciuto ovunque. Tanto più necessario se il costo dell’alimentazione aumenta come aumentano i poveri alimentari. E’ allora cruciale che il nuovo Governo si ponga nell’ottica di agire tempestivamente contro lo spreco alimentare.
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