Europa

I conti della Commissione: «frugali» ma avvantaggiati dal mercato comune

I conti della Commissione: «frugali» ma avvantaggiati dal mercato comune

I conti da bottegaio della Commissione Per l’Olanda, ogni euro versato si traduce in un guadagno di 11 euro, l’Austria e la Svezia moltiplicano il versamento per 9, la Danimarca per 7

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 17 luglio 2020

Se i paesi in crisi crollano, se gli usual suspects del debito pubblico non ce la fanno, «gli olandesi a chi li vendono i tulipani?».

È una vecchia battuta dell’ex presidente della Commissione, Romano Prodi, che l’esecutivo di Bruxelles vorrebbe che fosse ben presente nella testa di tutti i capi di stato e di governo al Consiglio europeo di oggi e domani, che deve decidere sul piano di rilancio Next Generation Eu, di 750 miliardi, e della sua ripartizione tra stati membri.

I CALCOLI DA BOTTEGAIO di alcuni «contributori netti» sull’equilibrio tra soldi versati alla Ue e soldi intascati nei vari programmi non è un criterio valido per calcolare i vantaggi dell’appartenenza al blocco.

La Commissione insiste sui vantaggi che il mercato unico, che esiste dal ’93, e più in generale l’appartenenza all’Unione europea porta ai vari paesi. E, sorpresa, sono proprio i cosiddetti «frugali» che ci guadagnano di più. Per l’Olanda, ogni euro versato si traduce in un guadagno di 11 euro, l’Austria e la Svezia moltiplicano il versamento per 9, la Danimarca per 7. Per l’Olanda e l’Austria, spiega Dominic Ponattu della Bertelsmann Stiftung, «il mercato unico vale oro, perché hanno un’industria concorrenziale ma sono dipendenti dall’export a causa di piccoli mercati interni». Cade così l’argomento dei «frugali» che affermano di non voler far pagare i propri contribuenti per le cicale del sud (o dell’est), che non hanno approfittato degli anni di benessere per risanare i conti pubblici.

La tabella compilata dalla Commissione si basa su una serie di ricerche realizzate negli ultimi tempi, tra cui quella della fondazione Bertelsmann realizzata prima delle ultime elezioni europee nel 2019. Nella Ue e nei paesi associati, ogni anno grazie al mercato unico di 500 milioni di persone e alle 4 libertà (di circolazione di merci, capitali, servizi e persone) c’è un guadagno di 427 miliardi. In media, per i cittadini europei ogni anno il mercato unico fa aumentare il reddito di 840 euro.

IL PROBLEMA RESTA quello delle disparità, tra paesi e tra regioni all’interno di alcuni paesi. Le disparità pre-esistenti, tra paesi e tra regioni, persistono, cioè è ancora lunga la strada per la correzione delle diseguaglianze attraverso i vari fondi europei. A guadagnare di più sono le regioni situate nel cuore dell’Europa, 3.600 euro l’anno a testa per ogni cittadino, un aumento del 4,7%, mentre per le regioni periferiche si scende fino a un rialzo del 2%, 150 euro di guadagno in media (tra 117 euro e 500 euro, a seconda delle aree). E nel cuore dell’Europa, ad avere maggiori vantaggi sono i piccoli paesi.

Il Lussemburgo gode di un aumento del reddito del 4,3%, come il Belgio. Per i tedeschi, l’appartenenza alla Ue si traduce in una crescita del reddito di 1046 euro l’anno, per i francesi di 1074, ma con forti disparità regionali (736 euro nel sud-ovest della Francia, 1556 nella regione parigina). L’Italia, su una previsione di versamenti alla Ue per 15,2 miliardi nel bilancio pluriannuale prossimo (2021-27), pari allo 0,87% del pil, si prevedono benefici per 81,6 miliardi, il 4,3% del pil. In Italia le disparità regionali restano forti: a Bolzano, la Ue ha permesso un aumento del reddito pro capite di 1372 euro l’anno, in Lombardia di 1081, a Trento di 1073, ma solo di 392 euro in Calabria e 394 in Sicilia.

IN BULGARIA, UNO TRA I PAESI più poveri, l’entrata ha fatto aumentare il reddito pro capite del 4,3%, anche se la media è di soli 193 euro a testa. Paradossalmente, per le tre aree che più hanno tratto vantaggi dal mercato unico, una non è nella Ue e un’altra sta per lasciarla: si tratta di Zurigo, in Svizzera (la Confederazione ha visto un aumento del reddito medio dei sui cittadini di 2914 euro) e di Londra (con un guadagno pro capite di 2700 euro), accanto a Bruxelles, la grande beneficiaria della Ue.

In questo contesto, il Brexit minaccia perdite di reddito per 57 miliardi in Gran Bretagna. Ma il voto diseguale dei britannici (soprattutto in Inghilterra) si spiega anche con la grande disparità della redistribuzione dei vantaggi negli anni di appartenenza alla Ue: a Londra i cittadini hanno goduto di 2700 euro di aumento del reddito l’anno, mentre nel nord dell’Inghilterra la crescita è stata solo di 600 euro.

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