Se nelle vetrate romaniche l’effetto cromatico esaltava l’espressione del divino (Dio è Luce) in relazione all’architettura nella sua valenza di luogo di culto – Pierre de Roissy, cancelliere della cattedrale di Chartres, all’inizio del XIII secolo sosteneva che le «finestre vetrate» in sé simboleggiassero le «illuminanti» Sacre Scritture – nell’opera site-specific di Ara Starck (Parigi 1978, vive e lavora tra Parigi e New York) realizzata per Made in Cloister a Napoli (fino al 20 gennaio 2024) il vetro colorato traduce l’essenza della mutevolezza in una chiave di esperienza terrena.

UNA VARIABILITÀ che incarna perfettamente la natura del luogo – l’ex chiostro piccolo della rinascimentale Chiesa di Santa Caterina a Formiello – uno spazio multidisciplinare che non è solo sede della prima mostra dell’artista francese a Napoli, ma anche fonte di grande ispirazione per lei nella realizzazione del progetto che l’ha vista lavorare nelle botteghe dei maestri vetrai e degli artigiani del legno napoletani con il coordinamento di Paolo Gambardella. Co-finanziata dall’L.R. 7/2003 (fondi per la promozione culturale della Regione Campania per l’anno 2023) e con il patrocinio della città di Napoli, l’esposizione secondo la mission della Fondazione Made in Cloister ha come obiettivo la valorizzazione del patrimonio culturale delle grandi tradizioni artigianali locali, al fine di restituirne il ruolo primario nel panorama contemporaneo, anche in quanto modello di sviluppo sostenibile.

A SOTTOLINEARLO è Eleonora De Blasio, responsabile dei progetti culturali della Fondazione Made in Cloister, insieme a tutto il team: nata nel 2012 su iniziativa di Davide De Blasio e Rosalba Impronta, la fondazione annovera nel Comitato Consultivo oltre a Erri De Luca, Jhumpa Lahiri, Annie Ohayon e Christian Wassman anche Laurie Anderson che per la mostra inaugurale, nel 2016, presentò The Withness of the Body con alcune opere site-specific disegnate a carboncino e colore acrilico in parte visibili tuttora sulle pareti dell’antico edificio.

DAL BIANCO E NERO dell’artista visiva e musicista sperimentale statunitense ai colori vibranti di Ara Starck (sua madre era Brigitte Laurent Starck e suo padre l’architetto Philippe) che si è lasciata guidare dalla vitalità del capoluogo partenopeo e dalle sue dualità per riportarle sulle nove grandi tele che circondano la teatrale opera centrale in «vetro cattedrale».

LE TELE SONO CONCEPITE per dare visibilità ai due lati dei dipinti, non solo quello anteriore ma anche il retro che svela il processo creativo con un tratto più veloce e istintivo. In quei segni pittorici sembra esserci anche la memoria dei fili di lana che si riferiscono ad un’altra fase nella storia dell’ex chiostro, quando prima di cadere nell’abbandono dell’epoca moderna (utilizzato come parcheggio, deposito, falegnameria), all’inizio del XIX secolo, fu trasformato da Ferdinando di Borbone in opificio per la produzione di lana e divise militari: all’esterno, in piazza Enrico De Nicola, è ancora leggibile la scritta «Lanificio» sopra un portale, mentre al centro del chiostro è rimasta la capriata lignea destinata all’essiccazione delle lane, reperto di archeologia industriale che ricorda la monumentalità dei cibori.

QUANTO AL RAPPORTO con il vetro piombato per Ara Starck non è una novità, infatti ha già realizzato diversi progetti, tra i più recenti quello dell’hotel La Réserve Eden au Lac a Zurigo (2020) e L’Avenue at Saks a New York (2019), luoghi entrambi ridisegnati e progettati dal celeberrimo papà. Una sfida, quella della Fondazione Made in Cloister, che si sviluppa su più livelli, dalla burocrazia all’interazione con la complessità del quartiere intorno a Porta Capuana: non ultimi i lavori di restauro, a cui ha collaborato anche l’Accademia di Belle Arti di Napoli, che hanno riportato alla luce il ciclo di affreschi di S. Caterina D’Alessandria.

L’ARTE, QUINDI, COME manifesto di politica inclusiva nella valorizzazione del territorio contro il degrado, ma anche di risposta ad un’immediata necessità con il progetto di «mensa sociale» in collaborazione con Food for Soul, no-profit dello chef stellato Massimo Bottura e con la creatività dell’artista Mimmo Palladino.