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I «colletti bianchi» ora temono gli esuberi

I «colletti bianchi» ora temono gli esuberiIl Lingotto di Torino, storico quartier generale della Fiat

Mirafiori Se il baricentro Fiat si sposta verso Detroit: in base alle attuali ore di cassa potrebbero essere a rischio 500 posti

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 8 febbraio 2014

Il passo è svelto, le parole smorzate, le preoccupazioni difficilmente verbalizzate. La Fiat diventa globale, ma il «muro di gomma» degli Enti centrali resta quello di sempre, difficile da valicare. Si tratta di un pezzo del racconto di un’azienda che spesso rimane in bianco. Ma è qui che si gioca il futuro, tra i corridoi di corso Agnelli e corso Settembrini, dove lavorano tecnici, impiegati e quadri di Mirafiori, un tempo i cosiddetti «colletti bianchi»: 7 mila tra Enti centrali e Powertrain.

C’è chi parla, pochi. Chi lo fa, preferisce l’anonimato, ma con la propria testimonianza costruisce un ritratto composito, non scontato, di quello che il quartier generale sta vivendo. Il primo aspetto che emerge è l’indeterminatezza del momento. «Abbiamo di fronte molti scenari per ora fumosi, non c’è nulla di definitivo – racconta un lavoratore – stiamo vivendo un ribilanciamento dei pesi tra i quattro vertici di Fiat-Chrysler: Nord America, Brasile, Asia ed Europa. L’ultimo di questi, il più antico e di cui noi rimaniamo il centro, vive una fase critica. La fusione con Chrysler non ha portato particolari scossoni. Non è detto che non arrivino. In questo momento siamo l’anello più debole. Quando parliamo con ingegneri sudamericani percepiamo altre aspettative, più positive. Ma non è detto che ci parleremo molte altre volte, là il turnover è incessante».

Tremila addetti degli Enti centrali rimarranno in cassa per quattro giorni a febbraio, il 13, il 14, il 20 e il 21. Lo «scossone» potrebbe voler dire tagli? «Non pensiamo siano imminenti, ma ragionando sull’attuale cassa a cui si fa ricorso per risparmiare, ci sono dei segnali che fanno presagire esuberi. Le ore mensili di cassa sono complessivamente 96 mila, che divise per 176 (le ore di ogni addetto) danno un risultato di poco superiore alle 500 unità».

Intanto, l’attesa logora, si aspetta maggio, quando, dopo i risultati del primo trimestre, Marchionne scioglierà i nodi sul futuro degli stabilimenti italiani. La scelta su dove destinare gli investimenti (in Italia o all’estero), influenzerà non solo la produzione ma anche progettazione (Torino è da sempre specializzata nelle utilitarie e medie vetture) e management, visto che il baricentro della nuova Fca è sempre più spostato verso Detroit.

Il gigante Mirafiori sonnecchia, ma negli Enti centrali non è tutto fermo. C’è chi lavora nel settore motori e non ha cambiato il ritmo rispetto al passato, chi sta in progettazione e spesso non ha molto da fare, chi alle tecnologie e patisce la cassa. Cosa si è fatto in questi mesi? Non molto, ma qualcosa sì. Negli uffici di Torino è nata la nuova 500X, il cosiddetto mini suv che verrà prodotto a Melfi. Si parla della nuova 500, mentre dell’erede della Punto non si sa ancora nulla di preciso. Per i motori si sta lavorando a un nuovo tre cilindri a benzina.

«Le tre principali variabili a cui è appeso il nostro futuro sono i soldi, quanta liquidità intenderà investire il gruppo, quali saranno i nuovi pianali, perché quando decidi il pianale decidi anche lo stabilimento, quale peso avranno le quattro macroregioni». Torino ne ha perso. «Contano, poi, – conclude un impiegato degli Enti centrali – soprattutto i volumi produttivi. I 25 mila Suv all’anno per Mirafiori di cui aveva parlato in autunno Harald Wester, direttore operativo di Maserati, sono tutt’altro che sufficienti a saturare l’occupazione delle Carrozzerie».

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