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I camion di Mario Sironi e Titina Maselli

Divano La rubrica settimanale di arte e società. A cura di Alberto Olivetti
Pubblicato 6 mesi faEdizione del 17 maggio 2024

Nel 1914 Mario Sironi dipinge Il camion (olio su tavola, cm. 90×80, oggi a Brera). In quell’anno divampa la guerra europea. Il camion si muove in una strada cittadina, sorpassa, al di qua delle rotaie, un tram elettrico e i piani della calandra e del cofano che ci vengono incontro si confondono con l’incombere dei palazzi, con le saracinesche dei negozi e delle finestre. La scomposizione futurista apparenta parafanghi, portiere e muri, crea una scansione che mette capo ad un accumulo di ‘lastre’ fino ad occupare intera l’immagine. Camion e città si compenetrano e rimandano suoni metallici.

Nel 1919 Sironi realizza Il camion giallo, (tempera e collage su carta applicata su tela, cm. 89×63). La sottolineatura futurista delle ‘linee forza’ qui si schiaccia, l’impianto spaziale è costretto a superficie. L’alto edificio a sei piani che si staglia in una luce di recente periferia, quasi poggia sul camion che è delineato di fianco, un solido parallelepipedo giallo montato su due ruote.

Ma è nei Paesaggi urbani tra 1919 e 1922 che i camion di Sironi raggiungono la loro significanza assoluta. Esemplare a riguardo Paesaggio urbano con camion del 1919-1920 (olio su tela, 44×60 cm. a Brera).

Al di qua di un nudo muro antracite oltre il quale lontana scorgi una gru, alcuni condomìni a torre da poco ultimati sfidano il blu di Prussia di un cielo peso. Nell’ampio stradale deserto, fila sull’asfalto un camion nero. Non un rumore d’attorno e il motore un regolare rombo attutito, felpato. Donde proviene quella macchina silenziosa e dove è diretta?

Percepisci il transito di alcunché di fatale che non si arresta. Un semovente nero che incede in uno spazio siderale, attraversa quanto di ineluttabile possa accogliersi in un rettifilo di periferia, ora che ha portato a termine la sua missione e fila dritto al cuore della città.

Sul finire del 1918 tacciono le armi sui fronti d’Europa. Ma con il nuovo inverno di ‘pace’ in Italia dopo la ‘vittoria’ (seicento ottanta mila morti) crescono il malcontento, i tumulti, le violenze e gli scontri armati. E durano più di tre anni. Nella primavera del 1919, il 23 marzo, si costituiscono a Milano i Fasci di combattimento intorno ai quali si aggregano squadre armate di reduci e di giovani studenti. Sono gli Squadristi che giungono con i loro camion (nel solo primo semestre del 1921 si contano cinquecento azioni) ad assaltare Camere del Lavoro, Cooperative, sezioni e circoli culturali socialisti e comunisti. Devastano e uccidono. Lo squadrismo come insorgenza eversiva, la componente che assicura al fascismo il successo.

Nel 1939, ricorrendo il ventennale delle Squadre d’azione, la rivista «Antieuropa» diretta da Asvero Gravelli pubblica il numero monografico Squadrismo. La copertina riproduce Imboscata ovvero, come si legge, il «manifesto ideato e stampato dallo squadrista Vittorio Emanuele Boeri per l’adunata degli Squadristi nel Ventennale dei Fasci di combattimento, eseguito dal Pittore Vittorio Pisani». Il camion è stato colpito. Una ruota del traino posteriore rotola via. Sporgendosi dalle sponde del camion attaccato dal nemico come dagli spalti di un fortino le intrepide camicie nere rispondono al fuoco e si immolano eroicamente, fino all’ultima cartuccia.

Tra gli anni Sessanta e gli Ottanta il camion ricorre tra i soggetti dipinti da Titina Maselli. I turchese, i carnicini, gli smeraldi dei camion di Titina. Indagati tra le gomme delle grandi ruote di scorta, e le coppe dell’olio e i tubi degli scappamenti; dal sotto in su ad esibire i meccanici incastri del loro ventre nascosto. I pneumatici ben aderenti all’asfalto, là dove la strada corre come un nastro, i chilometri annullati dalla potenza del motore a pieno regime che cancella le distanze segnate sulle carte stradali. Camion che procedono sicuri, nel ritmo regolare dei pistoni. Verso dove vanno quei camion? Hanno una meta da raggiungere?

Titina è affascinata dal loro andare. L’andare che Umberto Boccioni aveva delineato nel 1911 in Stati d’animo. II. Quelli che vanno (olio su tela, 70×96 cm.). Camion ‘viandante’, questo di Titina, erede del Wanderer romantico, in viaggio alla ricerca di sé stesso nell’Italia dell’autostrada del Sole.

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