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I Brangelina vanno alla guerra, estetica di una coppia glamour

I Brangelina vanno alla guerra, estetica di una coppia glamouruna scena di Fury, sotto Brad Pitt in Unbroken

Hollywood Brad Pitt e Angelina Jolie producono, interpretano, recitano. Escono «Fury» e «Unbroken». Botteghino Usa catastrofico per il film di Pitt, mentre si grida allo «scandalo» per la mancata candidatura ai Golden Globes della storia sull’atleta Zamperini

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 7 gennaio 2015

Sono lontani i tempi in cui Angelina Jolie, portava al collo una fiala di sangue di Billy Bob Thornton e sfoggiava una filmografia in cui potevano coesistere modelle tossiche (Gia), ragazze malate di mente da Oscar (Ragazze interrotte) e Laura Croft. O quelli in cui Brad Pitt, dopo aver fatto capolino in un party/orgia di Bret Easton Ellis in Less Than Zero e il boy toy di Gena Davis Thelma e Louise , si prendeva in giro da solo in Johnny Suede e True Romance, si pestava a sangue con Edward Norton in Fight Club e faceva il trainer idiota per i fratelli Coen. Con gli anni, e la prole, le carriere di Jolie e Pitt si sono fatte progressivamente molto più adulte, rispettabili, simili una all’altra – la loro unione un brand che è sinonimo di serietà qualità, impegno politico/sociale, e di soggetti «importanti». Inattaccabile, meno disposta ai detour, e incline allo humor.

A parte qualche storiaccia di anoressia e sull’occasionale litigata, nemmeno i tabloid riescono a tirar fuori del pepe dalla coppia più famosa del mondo. Persino la regina cattiva di Biancaneve ne è uscita tutta redenta, oltre che (purtroppo) forte di uno degli incassi maggiori del 2014. L’estetica di Brangelina tocca quest’anno un ulteriore grado di uniformità (e prova i suoi limiti) con due film sullo stesso soggetto (e che usciranno in Italia, il 29 gennaio): Unbroken di cui Angeline Jolie è regista, e Fury, che Brad Pitt interpreta e di cui è anche produttore esecutivo. Si tratta di due storie di estremo valore ed estremo sacrificio sul fronte pacifico (Unbroken) ed europeo (Fury) della seconda guerra mondiale; e di due progetti dal pedigree altissimo. Cosceneggiato dai fratelli Coen (dal libro di Laura Hillenbrand sulla storia dell’atleta olimpico Louis Zamperini), Unbroken è fotografato da Roger Deakins (abituale dp dei Coen) e ha alle musiche Alexandre Desplat.

7FURY

Nemmeno l’acquisto di tanto talento e la presenza di giovani attori che ce la mettono tutta, porta fascino a un film freddo e poco sentito, di cui non si capisce la ragione di essere, se non in un interesse morboso, un po’ Mel Gibson, per le angherie cui viene sottoposto il corpo di Zemperini (Jack O. Connell) da un ufficiale dell’esercito giapponese, in un rapporto che ricorda molto lontanamente (e non a favore di Unbroken) quello tra David Bowie e Ryuichi Sakamoto nel magnifico Furyo di Naghisa Oshima.

Fury è invece un rimando a cinema bellico di Fuller, Aldrich, Ford…..una fangosa, gelata cartolina dal fronte durante le ultime fasi della guerra; un oggetto volutamente più vecchio stampo nella cui soporifera gravitas è rimasto letalmente impantanato, come l’equipaggio del carro armato che da’ il titolo al film, un regista generalmente dinamico come David Ayer, insieme a Pitt capitano del tank e Shia LeBeouf. Il destino di Fury (uscito in Usa a ottobre) lo ha probabilmente già’ deciso il botteghino abbastanza catastrofico: non lo si vedrà molto in questa stagione di Awards.
Ma, a sentire alcuni commentatori di settore, lo scandalo del giorno è che Unbroken sia stato snobbato per ai Golden Globes, e dall’associazione dei produttori. Non è uno scandalo, il film è veramente noioso. E ci auguriamo che Brangelina si lasci presto tentare da una fase meno edificante.

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