I 5 Stelle di fronte al rimosso dell’informazione bene comune
Legge di bilancio Il rapporto difficile coi media indipendenti e l’ideologia grillina
Legge di bilancio Il rapporto difficile coi media indipendenti e l’ideologia grillina
Come raccontiamo da tempo, e come è fisiologico, il Movimento 5 Stelle sta cambiando pelle. Degli assi fondamentali che ne hanno costituito l’identità e probabilmente il successo elettorale (il rifiuto delle organizzazioni tradizionali, il rigetto della politica come mestiere e la negazione della discriminante tra destra e sinistra assieme alla possibilità di alleanze) resta davvero poco.
Eppure, tra i grillini permane un feticcio: la repulsione per ogni forma di sostegno pubblico al giornalismo indipendente. La contraddizione merita di essere indagata perché tocca un nervo scoperto dell’ideologia della prima forza parlamentare. Fin dalle origini.
Negli anni in cui si consolidavano monopoli digitali, secondo gli storici la più rapida ed estesa concentrazione economica fin dalla nascita del capitalismo, il M5S andava descrivendo la rete come lo spazio in cui si sarebbe realizzata la libera concorrenza. Secondo Beppe Grillo, la mano invisibile digitale avrebbe premiato la corretta informazione: non ci sarebbe stato bisogno di giornali e giornalisti e tanto meno di aiuti pubblici all’editoria. Tutto ciò poteva suscitare una certa tenerezza alla fine del Novecento, quando la rivoluzione telematica aveva generato ondate di ottimismo.
Ma suonava inquietante negli Anni Zero, mentre il M5S cominciava la sua formidabile ascesa al potere. Grazie al mito della «disintermediazione» i grillini potevano presentarsi come anti-liberisti in tema di acqua pubblica e al tempo stesso predicare la legge del mercato per l’informazione. La leggenda nera descrive tutto il sistema dei media come blocco uniforme alla mangiatoia della Casta (secondo la definizione lanciata da una campagna del Corriere della sera).
Dunque, recita la congettura, bisogna tagliare il cordone dei finanziamenti per disintossicare un meccanismo drogato. Il mantra prevede anche che si citi la pessima posizione dell’Italia nella classifica mondiale della libertà di stampa stilata da Reporter Sans Frontieres, senza specificare che in testa a quella graduatoria si stagliano proprio i paesi i cui governi finanziano con maggiori risorse l’editoria.
Dietro questa ideologia ci sono fenomeni strutturali, come il ribaltamento del rapporto tra giornalisti e addetti stampa e spin doctor. Nel 1960, secondo i dati riportati da Robert McChesney e John Nichols nel loro The Death and Life of American Journalism, per ogni giornalista c’era meno di un addetto alle pubbliche relazioni. Negli anni novanta l’indice si inverte: per ogni redattore due persone che lavorano in uffici stampa.
Nel 2012, il rapporto è ancora più sproporzionato: 1 a 4. Il passaggio successivo vede ogni operatore dell’informazione assediato da sei addetti stampa. Questa immagine pare inverarsi nel modo in cui il M5S entra nei palazzi del potere. Dopo aver scoperto (altro dogma delle origini rimosso) che la tv e la rete non sono due mondi separati, e che anzi per essere più visibili in rete bisogna andare sul piccolo schermo, i grillini investono come e più di ogni altro partito in addetti alla comunicazione. Nelle filiere della gestione della comunicazione politica del M5S si individuano le fratture (è successo anche l’altro giorno: la mini-scissione al parlamento europeo anticipata dal licenziamento di alcuni comunicatori) e si coagulano i mutevoli rapporti di forza nel M5S.
Dietro la figura iconica e ingombrante di Rocco Casalino bisogna intravedere l’esercito di addetti stampa ogni giorno all’opera per risolvere la quotidiana ossessione dei grillini per le forme della rappresentazione. È una fatica per certi versi destinata a restare vana: la tattica del M5S negli ultimi anni ha perso il tassello decisivo della galassia di siti gestita da Gianroberto Casaleggio e destinata ad amplificarsi sui social.
Quello spazio di discorso è stato occupato da Salvini o svuotato dal fatto che il M5S è ormai partito di governo che al governo vuole rimanere. Anche da questa impasse derivano lo spaesamento e la flessione dei 5 Stelle. Ma se non affronteranno il rimosso del rapporto coi media indipendenti, difficilmente ne verranno a capo.
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