Hormuz-Bab al Mandab, due stretti per un conflitto: tutti contro l’Iran
Golfo/Mar Rosso Cresce la tensione. L'Iran minaccia di chiudere Hormuz e ribadisce che se non potrà vendere ed esportare il petrolio nessun paese della regione potrà farlo. Israele pronto ad unirsi ad Usa e arabi sunniti contro Tehran
Golfo/Mar Rosso Cresce la tensione. L'Iran minaccia di chiudere Hormuz e ribadisce che se non potrà vendere ed esportare il petrolio nessun paese della regione potrà farlo. Israele pronto ad unirsi ad Usa e arabi sunniti contro Tehran
Le minacce Usa non intimoriscono Tehran. I suoi leader ripetono che se a causa delle sanzioni americane l’Iran non potrà vendere il suo petrolio, allora nessuno nella regione potrà farlo, almeno non attraverso lo Stretto di Hormuz. «L’Iran ha accesso al Golfo Persico, allo Stretto di Hormuz e al Golfo di Oman. O tutti vendono il petrolio o nessuno lo farà. L’Iran ha la capacità (di bloccare Hormuz) e gli americani lo sanno», ha ribadito ieri Seyed Hossein Naghavi-Hosseini, portavoce della commissione del parlamento iraniano per la sicurezza nazionale e la politica estera. E che l’Iran faccia sul serio lo dicono anche le esercitazioni navali che la Guardia rivoluzionaria ha cominciato ieri dispiegando 50 imbarcazioni piccole e veloci per dimostrare di essere in grado di chiudere lo Stretto da dove passa circa il 15% del petrolio mondiale. Oltre 30 anni fa, durante la guerra tra Iran-Iraq, le imbarcazioni, spesso dei semplici motoscafi, dei Pasdaran iraniani armati di lanciarazzi, furono in grado di ostacolare per un lungo periodo il passaggio delle petroliere per Hormuz.
Questa e altre mosse, per ora solo annunciate, rientrano in quella «resistenza economica intelligente» volta a vanificare le sanzioni statunitensi spiegata il mese scorso dal vicepresidente Eshaq Jahangiri. Tuttavia in queste ore sale la tensione sale anche sul versante sud-ovest della penisola arabica, nello Stretto di Bab al Mandab che domina il Mar Rosso. In appoggio all’alleata Arabia saudita, che ritiene il suo traffico commerciale messo in pericolo dai razzi in possesso dei ribelli yemeniti sostenuti da Tehran, Israele mercoledì ha lanciato un avvertimento. «Se l’Iran cercherà di bloccare lo stretto di Bab al Mandab, si troverà di fronte a una coalizione internazionale determinata a impedirgli di farlo e questa coalizione includerà anche lo Stato di Israele e tutte le sue armi», ha ammonito il premier israeliano Benyamin Netanyahu.
Sino ad oggi si è sempre pensato che si sprigionerà nel Golfo la scintilla della guerra all’Iran di cui si parla da anni e che è diventata una realtà più concreta dopo l’uscita degli Usa dall’accordo internazionale sul programma nucleare iraniano. E questo resta lo scenario più probabile alla luce degli ultimi sviluppi riguardanti Hormuz. Ma ora anche Bab al Mandab diventa un possibile pretesto per l’attacco “occidentale” e arabo all’Iran. Israele è pronto a mettere il suo enorme potenziale bellico a disposizione delle petromonarchie sunnite confermando quanto si sia fatta stretta l’alleanza con i paesi del Golfo (e non solo) schierati contro il “nemico comune”. Tuttavia il ministro della difesa israeliano Lieberman parla anche di “minacce” dirette proprio allo Stato ebraico. «Di recente abbiamo appreso di minacce indirizzate proprio alle navi israeliane nel Mar Rosso. Vorrei sottolineare un punto: le nostre forze armate sono pronte a rispondere simultaneamente su due fronti, e anche sul Mar Rosso» ha affermato.
Di attacchi tentati o pianificati contro le navi israeliane di passaggio per Bab al Mandab sino ad ora non si era mai saputo. Più noti sono gli attacchi al traffico commerciale dell’Arabia saudita, paese che alla testa di una coalizione araba da tre anni è impegnato in una campagna militare in Yemen, soprattutto dal cielo, contro i ribelli sciiti Houthi che ha causato molte migliaia di morti e feriti tra i civili. La scorsa settimana la petroliera saudita Arsan, con un carico di due milioni di barili di petrolio diretta in Egitto, è stata colpita da missili nei pressi del porto yemenita di Hodeida, in mano ai ribelli sciiti, dove in questi ultimi mesi si sono concentrati i pesanti quanto inefficaci bombardamenti sauditi e degli Emirati Arabi Uniti. Secondo fonti americane, la nave cisterna è stata colpita da un missile C-802 che l’Iran avrebbe fornito ai ribelli. Dopo l’attacco i sauditi hanno annunciato l’interruzione della navigazione delle sue petroliere fino a quando il traffico marittimo «non sarà di nuovo al sicuro». Dall’Iran ha replicato il generale Qasem Soleimani, potente comandante della “Brigata Gerusalemme” della Guarda rivoluzionaria accusando proprio l’Arabia Saudita di essere responsabile per le condizioni «non sicure» nel Mar Rosso.
Sebbene gli analisti tendano, per il momento, ad escludere un attacco imminente all’Iran da parte di possibili coalizioni Usa-petromonarchie, con la partecipazione di Israele, il quadro si è fatto più complesso e un nulla potrebbe innescare una guerra. E mercoledì il Ccg, le sei petromonarchie del Golfo, ha fatto sapere di aver predisposto non meglio precisati “piani di emergenza” per assicurare il flusso del petrolio nel caso in cui l’Iran chiuda lo Stretto di Hormuz.
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