Karl Kraus, come si sa, non amava Hofmannsthal: a fine secolo lo aveva liquidato insieme ai letterati da caffè che inondavano di fremiti parigini la vita culturale viennese e aveva processato il suo umanesimo malinconico e inattuale, bocciando senza appelloquella propensione per le altezze «che si fanno sempre più alte», tanto alte da sfuggire anche al suo affondo da patologo. Ironico, Kraus liquida anche il mito italiano di Hofmannsthal, un materiale ricchissimo e variegato in bella vista nel laboratorio del poeta, fatto di viaggi, incontri, pensieri e sontuosi fondali di tanti suoi scritti, dal dramma lirico dei diciassette anni, Gestern...