Lavoro

«Ho voluto ritrarre gli sfruttati invisibili»

«Ho voluto ritrarre gli sfruttati invisibili»"Quattrocento scontrini", due dei quattro ritratti di Francesco Capponi

Francesco Capponi, autore di "Quattrocento scontrini" La stampa sperimentale, il significato "politico" delle ricevute che sbiadiscono, la compagna archeologa precaria: così l'artista spiega come sono nati i mosaici degli "scontrinisti" della Biblioteca nazionale di Roma

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 14 aprile 2017

Quattro ritratti su quattrocento scontrini, cento per ciascun lavoratore della Biblioteca nazionale di Roma. L’opera si chiama «Quattrocento scontrini» ed è stata realizzata dall’artista e fotografo Francesco Capponi di Perugia. Un lavoro non solo artistico, ma anche «politico», nelle intenzioni di Francesco, che ha contattato quattro «volontari» scontrinisti della Biblioteca di Roma – perché voleva proprio loro – dopo che ha letto l’articolo del manifesto che qualche mese fa ne raccontava la storia.

Ciascuna immagine – i ritratti di Federica, Alessandra, Laura e Andrea – è grande 50 centimetri per 75 e risulta dal collage di cento scontrini ritagliati alla dimensione di 5 centimetri per 7,5. Francesco stesso ha fotografato i quattro addetti della Biblioteca di Roma e poi ha stampato a calore – per mezzo di una tecnica da lui stesso sperimentata – un pezzettino di ciascun ritratto su ogni singolo scontrino: infine ha ricostruito a mosaico l’intero volto.

«È una tecnica che ho sperimentato già qualche anno fa – spiega – e che ho messo in pratica con le stampanti a calore della Polaroid, in grado di stampare su carta termoreattiva. Senza inchiostro, così come avviene per gli stessi scontrini. Come per le ricevute fiscali, anche questa stampa tende a degradare con il tempo, a scomparire. Trovo anche questo simbolico, rispetto alle storie degli scontrinisti».

Francesco spiega che a segnalargli la vicenda degli addetti della Biblioteca nazionale di Roma è stata la sua compagna Emanuela, archeologa, precaria come loro. «Siamo tutti più o meno della stessa generazione – dice – Io ho 40 anni, vivo di arte, di workshop fotografici e qualche incarico come grafico, quindi so bene cosa significhi lavorare in Italia oggi. Emanuela dovrebbe fare l’operatrice culturale, ma trova mille difficoltà. Cercavo una storia che desse un senso alla tecnica di stampa sugli scontrini: quella dei bibliotecari di Roma mi è sembrata perfetta».

La qualità della stampa che degrada, come gli stessi scontrini, «dà l’idea che siano lavoratori fantasma: fantasmi per il fisco, che non lasciano traccia di sé, invisibili». E poi all’inizio Francesco pensava di realizzare ogni singola foto su un solo scontrino: «Ma poi ho cambiato idea, e ho preferito il mosaico: anche concettualmente, perché l’atto del raccogliere pazientemente le ricevute, fornite dai miei amici precari come me, riprendeva la lotta quotidiana degli scontrinisti per arrivare ai fatidici 400 euro».

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