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«Ho sbagliato ma ero scioccato dalle foto della Striscia di Gaza»

«Ho sbagliato ma ero scioccato dalle foto della Striscia di Gaza»Roma, liceo Chateaubriand

Intervista Bensouibat Seif è un rifugiato: per 10 anni ha lavorato come pedagogo allo Chateaubriand. Per i suoi post è stato perquisito e poi licenziato: «Molti italiani scrivono sui social cose gravi ma non gli arriva la Digos a frugare a casa»

Pubblicato 9 mesi faEdizione del 9 febbraio 2024

«Sono ancora sotto shock, mi sono cadute addosso tutte le istituzioni in una volta».

Bensouibat Seif, si aspettava queste conseguenze dai suoi post sui social e su Whatsapp?
No, non uso molto i social. Su Instagram ho 130 follower, nessun seguito, non sono un influencer. Ho caricato due foto sull’onda dell’emozione dopo aver visto delle immagini dei bambini morti nel conflitto.

Una di queste foto però era del portavoce di Hamas e la frase in arabo accanto metteva vicino le parole «Dio» e «Vittoria».
I giornali di destra ci hanno marciato ma io sono una persona che crede nella pace per i popolo e nei diritti per tutti. Non appartengo a nessun gruppo, a nessuna associazione, non ho fatto niente. Mi sono espresso male e ho sbagliato, quella foto ha oscurato quello che volevo dire: la stampa è quasi tutta filoisraeliana ma guardate le immagini orrende di Gaza.

E invece ha subito una perquisizione della Digos.
Sono stato molto collaborativo ma mi domando: non potevano fare un’indagine prima? Scandagliare il mio telefonino, cercare nel mio passato? Credo che se lo avessero fatto non sarebbero venuti a casa mia, non ci sarebbe stata la perquisizione. È stato terribile, molti italiani scrivono sui social cose gravi ma non gli arriva la Digos a frugare nei cassetti.

Si è dato una spiegazione?
Per loro ho un profilo tipico da persona sospetta: musulmano, extracomunitario, rifugiato politico. Pensavo fossimo tutti innocenti fino a prova contraria ma per me non vale la presunzione di innocenza: ho la pelle nera dunque sono un pericolo. Non pensavo succedesse anche a me: pago le tasse, ho etica civile. Lo dico senza modestia, mi comporto da buon cittadino. Ma ho capito che non basta, sono ancora straniero in questo paese, addirittura un sospetto per la mia origine, cultura, religione. Questo per me è un insulto.

Dopo la perquisizione la prestigiosa scuola dove lavorava da 10 anni come pedagogo l’ha licenziata e ora hanno aperto una procedura per la revoca della sua condizione di rifugiato.
Sono ancora sotto shock, tutte le istituzioni mi sono cadute addosso in una volta. Non ti aspetti ti possa accadere una cosa del genere se non hai commesso nessun reato. Sono deluso soprattutto dallo Chateaubriand, lì c’erano rapporti personali.

Perché?
Mi sono sentito preso in giro. Subito dopo la perquisizione il preside mi ha chiamato per comunicarmi la sospensione dicendomi «quanto torni ci facciamo una chiacchierata» invece mi è arrivata la raccomandata con il licenziamento. Mi sono sentito giudicato dalla mia scuola. Mi conoscono da 10 anni, ho ottimi rapporti con tutti i colleghi: usciamo insieme, facciamo viaggi, feste, lo sanno che non sono una persona pericolosa. Invece hanno preso una decisione senza darmi neanche il diritto a dare la mia versione.

Ha paura di perdere lo status di rifugiato?
Pensavo di essere sotto la protezione dello stato italiano ma invece mi sento perseguitato e non protetto. La mia vita ora è a pezzi, ho già perso tutto, a partire dal mio lavoro. Di cosa devo avere paura? Però ci tengo a dire una cosa. Sono ancora in piedi e andrò a difendermi fino alla fine a testa alta. Non ho niente da temere, sono bianco come la neve.

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