Visioni

Hitchcock, le tentazioni bionde di un regista

Hitchcock, le tentazioni  bionde di un registaAnthony Hopkins e Scarlett Johansonn in una scena di Hitchcok

Al cinema La lavorazione di «Psycho» e il rapporto intenso con la moglie

Pubblicato più di 11 anni faEdizione del 4 aprile 2013

Inizio. Due fratelli litigano. Ma litigano davvero, al punto che all’improvviso uno dei due assesta sulla zucca dell’altro una possente vangata. L’assassino si chiamava Edward Theodore Gein, Ed per gli amici. Non è dato sapere quanti ne avesse questo personaggio che in alcune foto ricorda un po’ Bogart, strapazzato. Nel novembre 1957 venne arrestato per l’omicidio di due donne. Perquisendo casa sua la polizia trovò di tutto. Quattro nasi, ossa umane, dieci teste femminili con la parte superiore mozzata e l’elenco potrebbe continuare. Roba che Ed si procurava sia direttamente che riesumando cadaveri dal cimitero locale. Ispirato da quella storia raccapricciante Robert Bloch, che abitava nei paraggi, iniziò a scrivere Psycho, giusto per descrivere come l’uomo della porta accanto potesse in realtà nascondere un vero mostro. Hitchcock ne fu affascinato. Ma quando raccontò alla Paramount il suo nuovo progetto quelli rimasero inorriditi.

La storia che Sacha Gervasi racconta è questa, la fascinazione e la testardaggine di Hitch nel volere realizzare un’opera rischiosissima per quell’epoca. Divertente vedere quando Alfred cita brani riferiti al killer ai giornalisti hollywoodiani che rimangono disgustati. Tutto congiura contro di lui. Ma lui è convinto e ha un formidabile alleato Alma Reville, sua moglie, anzi il suo alter ego. Disposta a soprassedere di fronte alle sbandate sistematiche di Alfred per le sue bionde protagoniste, indulgente nei confronti del fatto che lui sia un voyeur, un golosone, un ciccione e quant’altro, compreso l’essere un genio. Sarà lei a supportarlo e sopportarlo. Ipotecando la casa per produrre il film, dirigendo quando Alfred non può, assistendolo. Sappiamo come è finita la storia: un trionfo planetario. Ma che fatica.

Gervasi non vuole solo raccontare le infinite vicissitudini legate alla lavorazione di Psycho, intende proprio rimettere ordine nelle gerarchie, stabilendo che dietro un grande genio psicotico come Alfred c’è sempre una grande donna, in questo caso Alma. Per fare questo aveva bisogno di attori che potessero richiamare i personaggi autentici che interpretavano ma che non fossero schiacciati dal trucco per essere delle copie conformi. Ecco allora sir Anthony Hopkins trasformarsi in sir Alfred, Helen Mirren farsi carico di Alma, Tony Collette diventare la fedele segretaria, Scarlett Johansson dare corpo a Janet Leigh e Jessica Biel diventare Vera Miles mentre James D’Arcy è il lungagnone Anthony Perkins. I quasi cento minuti di Hitchcock di Sacha Gervasi non passeranno alla storia del cinema come quelli di Psycho, ma rimangono un momento a tratti anche piuttosto spassoso su quel che si nascondeva, ma neppure troppo, dietro quel panzone e quel doppio mento capaci di terrorizzare le platee di tutto il mondo: una «orrenda» storia d’amore.

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