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Herzog e il nuovo Panahi clandestino

Herzog e il nuovo Panahi clandestinoJafar Panahi

Berlinale 2015 Altri titoli svelati per il festival che aprirà i battenti il 5 febbraio, in attesa della presentazione ufficiale prevista per il 27 gennaio

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 15 gennaio 2015

Si chiama Taxi, è un film e il regista è Jafar Panahi che lo ha realizzato nonostante la condanna inflittagli dal regime iraniano di Ahmadinejad di non toccare più una macchina da presa. Lo vedremo in concorso alla prossima Berlinale (5-15 febbraio) che ha svelato ieri una manciata dei suoi titoli anticipando come è abitudine la conferenza stampa prevista il prossimo 27gennaio. Non è la prima volta che il festival tedesco invita il regista iraniano dopo la sua condanna, con aperta irritazione di Tehran. Panahi era stato infatti chiamato a far parte della giuria subito dopo il suo arresto, e per tutta la durata di quell’edizione della Belrinale, nel 2011, la sua immagine e quella della sua sedia rimasta vuota, visto il divieto di viaggiare (e di parlare pubblicamemrte) erano divenuti i simboli del festival.

Qualche tempo dopo a Berlino arriva anche il suo film girato in clandestinità, Dietro le tende chiuse (2013)e, capolavaro di cinema politico che nel raccontare la realtà a partire da una condizione intima, quella del regista,reiventa le sue forme. L’altro nome di punta del concorso è quello di Werner Herzog col suo sicuramente bellissimo Queen of the desert (produzione Usa) che insieme a Nicole Kidman riunisce nel cast i due divi d’autore del momento, James Franco e Robert Pattinson, per raccontare le avventure di Gertude Bell, archeologa e scrittrice, studiosa dell’Oriente che ha percorso in avanscoperta, nata a Washington e agente segreto per l’impero britannico.

Benoit Jacquot, quasi ormai un regista da festival, da Venezia, dove era con Tre cuori, presenta il nuovo Journal d’une femme de chambre (con Léa Seydoux e Vincent Lindon), ispirato al romanzo di  Octave Mirbweau:la Parigi all’inizio del XX secolo nello sguardo della cameriera Célestine.

Big Father, Small Father and Other Stories è firmato da Di Phan Dang,vietiamita autore di Bi non ha paura, storia familiare di desiderio e tradimenti girata in Vietnam. É un ritorno quello di Malgorzata Szumowska con Body, la regista polacca era già stata premiata a Berlino con in The name of, sul tema delicatissimo dell’omosessualità nella Chiesa cattolica. Dalla Cina Gone with the bullets di Wen Jiang mentre il cinema nazionale punta su Sebastien Schipper e il suo Victoria.  Fuori concorso Mr.Holmes di Bill Condon, con Ian McKellen nei panni del detective creato da Arthur Conan Doyle che ormai ultranovantenne è ancora ossessionato da un vecchio caso tanto da volerlo risolvere una volta per tutte senza il fedele Watson al proprio fianco. Insieme a McKellen – che per questa parte si dice spera nella nomination agli Oscar – Laura Linney.

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