Visioni

Hempiness Festival, la musica risponde alla violenza

Hempiness Festival, la musica risponde alla violenza

Concerti Artisti italiani e internazionali nell'anfiteatro naturale al confine ovest dei Monti Sibillini suonano insieme per ricordare Emanuele Tiberi, il ragazzo di 33 anni ucciso nel 2018ra

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 6 agosto 2019

Una morte assurda quella di Emanuele, ucciso da un pugno ricevuto senza ragione fuori da un locale, nella sua Norcia. Ma il tragico fatto che il 29 luglio 2018 ha stroncato la vita di un ragazzo di talento alla soglia dei 33 anni, ha dato il coraggio alla famiglia Tiberi e agli amici di reagire con la musica, creando un festival in nome dei valori che Emanuele amava condividere: gioia, ecosostenibilità e non-violenza.

COSÌ, PROPRIO il giorno del funerale di questo ingegnere del suono che a 21 anni era volato per un viaggio lungo 12 anni a Londra, dove era diventato un professionista di successo nell’ambiente della musica indipendente, nasce un sogno, un’idea forte e visionaria: l’Hempiness Music Festival, una maratona musicale con grandi protagonisti della scena indie, italiana e internazionale.
Tra gli oltre cento musicisti che si sono esibiti sui due palchi schierati, schiena a schiena, nello splendido anfiteatro naturale del confine ovest dei Monti Sibillini, di rilievo sono state le performance di Mòn, B. Puntato, Mellow Mood, Cacao Mental e, sempre tra gli artisti italiani, Luci da Labbra con Leo Pari e il dj set di Bebo (Lo Stato Sociale). Molto applauditi anche Pat Smith da Amsterdam e da Sydney i Gold Member.

MA IL CULMINE dell’Hempiness è stato raggiunto in tre concerti: con i Pedestrians, rivelazione svizzera che ha regalato un momento emozionante con Sound we Know, i popolari Sticky Fingers, gruppo australiano che qui ha tenuto il suo debutto in Italia commuovendo con Not Done Yet, il brano scritto per«Manu» – come lo chiamano tutti – con un videoclip girato a Castelluccio che vede il padre di Emanuele insieme ai ragazzi della band. E con la notevole esibizione degli inglesi Will and the People, con il frontman che dichiara dal palco «è il giorno più bello della mia vita», per il quale ringrazia «l’organizzatore di tutto questo». Si riferisce a Manu, padrino di suo figlio, perché lui era a tutti gli effetti parte della famiglia di questi tre gruppi internazionali, al punto che qui a Norcia sono giunti con il seguito al completo di genitori, mogli, figli. Musicisti con cui Tiberi ha girato il mondo curando il suono live e collaborando alla produzione discografica, e che nel giorno dell’ultimo saluto al norcino hanno promesso il loro «ci saremo!» a Simonetta ed Ernesto, i suoi genitori.
E così Norcia non è mai stata tanto giovane, rock e internazionale: oltre duemila ragazzi hanno piantato (gratis) la propria tenda in questa Woodstock umbra creata dal gruppo degli amici di sempre di Manu, autori di un fortunato crowdfunding che è alla base di un risultato che, in una piccola realtà ancora scossa dal sisma del 2016, fa sensazione. Dando fondo alla loro creatività, Matteo, Eraldo, Jacopo, Valentino, Gabriele, Tommaso, Edoardo si sono improvvisati organizzatori facendo loro il messaggio di Manu, dove la musica è la sua risposta alla violenza.
Nel titolo del festival si rispecchia il sorriso di Emanuele Tiberi che oggi ritrovi in quello di Leonardo, il fratello di 11 anni più giovane e in Eleonora, la sorella di soli 16 anni; ma anche le sue due più grandi passioni: la musica e la canapa, che lo aveva ispirato a sviluppare un progetto di agricoltura sinergica e di bioedilizia con l’azienda di famiglia.

NE È USCITO fuori un festival a rifiuti-zero, con l’utilizzo di materiali biodegradabili e riciclati, come i 150 bancali recuperati da un’azienda necessari per la costruzione delle docce, dove ai partecipanti, equipaggiati di un unico bicchiere e di un posacenere portatile, è stato vietato l’uso di saponi chimici. E che hanno adottato il travel sharing per raggiungere i luoghi del festival, interdetto all’accesso di auto o moto, nel rispetto del Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Il risultato è nella trasformazione del dolore in coraggio, come racconta mamma Simonetta: «quando ti capita una cosa così, o impazzisci di dolore, o ti viene fuori una forza pazzesca. Ed è stata la risorsa che ci ha permesso di realizzare un sogno». Il mondo che viene a suonare sotto casa, all’ombra del Monte Catino e del Ventosola: il sogno di Manu.

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