Riviste a fumetti. Nella preistoria, queste bestiacce variopinte erano la specie dominante, da «Linus» a «Comic Art», a «Corto Maltese» e «Frigidaire»…poi, il big bang digitale, la profezia autoavverante secondo cui «le riviste non vanno più» e l’inesorabile scomparsa. Ma anche nell’era dei romanzi grafici, ogni tanto i magazine antologici tornano a volare. E così, è davvero una bella sorpresa ritrovarsi a Lucca Comics & Games 2022 e poi in edicola con «Heavy Metal», versione italiana dell’iconica rivista «Made in Usa».

DANIELE BROLLI, condirettore del nuovo mensile Sprea in uscita da ottobre 2022 con Francesco Coniglio e coach di una squadra dove spiccano storici del fumetto Usa come Alessandro Bottero, gioca all’attacco: «Dovremmo parlare dell’editoria a fumetti italiana: incompetenti, molti gatti e molte volpi e una povertà che, prima che di denaro, è intellettuale. Nell’editoria italiana in generale, poi, la competenza è come una minaccia verso lo status quo dei furbetti. Proprio in questi giorni, rileggendo Pitigrilli, mi è ripassato davanti il suo esergo: “Capisco il bacio al lebbroso, ma non ammetto la stretta di mano al cretino”. Da tatuarselo». Avanti tutta, dunque, con una rivista che nasce come nuova creatura di specialisti già al timone di antologiche quali «Cyborg» e «Blue», ma anche come veicolo per nuove provocazioni creative. Continua l’autore ed editor riminese: «Io e Francesco siamo legati a un’editoria fatta con grande progettualità. Le riviste sono sempre importanti perché sono uno strumento di rinnovamento, la patria delle avanguardie del pensiero, il laboratorio in cui germinano, e a volte falliscono, nuove idee. Le riviste dovrebbero essere salvaguardate come patrimonio dell’umanità». Viste le premesse, l’asticella delle aspettative rispetto a «Heavy Metal» è piuttosto alta. Spiega ancora Brolli: «L’idea è che i fumetti dialoghino con il contemporaneo e la storia. Possiamo dire di essere in un’epoca dove la centralità del cosiddetto presente si è spostata verso il futuro: più che ai giorni nostri, tendiamo a pensare a quest’ultimo. E la storia, dal passato al futuro, tende a essere un elemento sempre più importante nei nostri comportamenti». Da qui la formula perfetta per un magazine fantascientifico, cioè un’identità mutante. «Non vorrei che “Heavy Metal” fosse considerata una pubblicazione antologica o una rivista di fumetti e altro. Mi auguro che venga vista per la sua progettualità, per il continuo aggiornamento che tenteremo». Paragoni: «Mi vengono in mente il “Metal Hurlant” delle origini fuso con le esperienze di “Actuel”, “New Yorker”, “Mondo 2000”, il “Wired” originale degli inizi e, perché no, tutta la parte più colta di “Playboy”, con racconti e interviste memorabili. Facciamo tutto con la forza di volontà, io e Francesco, non con grandi mezzi. Oggi chi ne ha?».

TANTI SALUTI a chi sbirciando le cover «vecchia scuola» dei primi numeri vagheggia un recupero di antichi Maestri come Corben, Gimenez, Frazetta o Maroto. «Almeno a me, molti degli autori di quel periodo, tra cui non inserirei quelli classici che hai citato, paiono graficamente e narrativamente superati. C’è una differenza tra il vintage e le cose invecchiate male. Poi Gimenez e Maroto, per fare due esempi, sono stati pubblicati ma non prodotti da “Heavy Metal”. C’è una situazione complessa per i diritti. Ma vedremo».

Daniele Brolli
Le riviste sono uno strumento di rinnovamento, patria delle avanguardie del pensiero, il laboratorio in cui germinano, e a volte falliscono, nuove ideeA sorpresa, infatti, i fumetti del primo numero sono tutte produzioni piuttosto recenti. E a smentire gli uccellacci del malaugurio che quasi pregustavano una lettura fatta solo con gli avanzi della rivista Made in Usa, questa «Heavy Metal» mediterranea vive anche di fumetti originali fatti in casa. «Per alcuni si tratta della collaborazione con la pubblicazione originale, in altri casi, come per Marco Nizzoli, è una piccola produzione che ci siamo permessi. E anche Massimiliano Frezzato, pur essendo apparso nella versione Usa, è un diritto acquisito direttamente dall’autore».

UN ESPERIMENTO nell’esperimento, cui però guardare con la giusta dose di ottimismo. «Nel caso le cose andassero bene, potremmo produrre di più. Mi permetto di sottolineare che la nostra versione di “Heavy Metal” ha una sua personalità e non può essere confusa con l’originale. Per fare una traduzione erano sufficienti degli impiegati che smistassero i lavori. Va anche ringraziato il nostro grafico, che è sicuramente un plus che gli americani non hanno e che contribuisce alla forza visiva delle pagine». Anche a livello di redazionali, la rivista dà l’impressione di un vassoio di sfiziosità dal gusto diverso e contrastante. Si va da un racconto dello scrittore fantascientifico Robert Silvelberg a un’intervista a J.R.R. Tolkien, fino alle confessioni di Tinto Brass a Susanna Schimperna. Ma niente rubriche sulla musica metal. Meglio: niente rubriche e basta. «L’Heavy metal c’entra ben poco con quello che stiamo facendo. Mentre per aggiornarsi frugalmente si consulta Internet… da noi devi venire per i piatti di portata!». E se il pubblico dovesse gradire, accanto al mensile fa già bella mostra di sé in fumetteria una prima ondata di cinque volumi da collezione. Riepiloga, puntale, Brolli: «Usciamo con due titoli diciamo “istituzionali” come il fumetto degli Iron Maiden e la prima avventura di una rinata Taarna, due occasioni legate alla storia della rivista». Ma accanto ai titoli pensati per i fan duri e puri, c’è molta altra carne al fuoco: «“The Rise” scritto dal figlio di George A. Romero e disegnato da Yapur, una storia di zombie fuori dal coro e ancora più politica dei film paterni; “Sun Eater” di Sprouse e Yapur, una sorta di recupero delle leggende nordiche; “Maiden”, di Michelle e Bart Sears, storia di vendetta in un contesto che ricorda il Giappone feudale». Il futuro comincia oggi: non resta che portarsene a casa un pezzetto al mese.