L’appartamento di Primavalle dove viveva Hasib Omerovic con la sua famiglia, fino al giorno in cui la polizia ha bussato alla porta e lui è finito in coma all’ospedale, da ieri mattina è stato riconsegnato all’Ater, l’azienda per l’edilizia residenziale del comune di Roma. Dentro sono rimasti mobili e suppellettili che i genitori Fatima e Mehmedalija (musulmani rom fuggiti dalla guerra in Bosnia nel ’92, lasciando una casa per una vita forzata da «nomadi», come dicono loro) non vogliono più vedere, per non ricordare e andare avanti.

L’appartamento non è mai stato posto sotto sequestro: da oggi stesso potrebbe passare ad altri locatari e qualsiasi traccia di ciò che è avvenuto quel 25 luglio in quelle due camere bagno e cucina sarebbe completamente cancellata. Nessuno della famiglia, né l’avvocato Arturo Salerni che li tutela, sa dire se la polizia scientifica abbia fatto i rilievi del caso. Se qualcuno abbia mai controllato quello che ieri la famiglia ha scoperto quasi casualmente: spruzzi di sangue – o almeno così sembrano – sul soffitto della camera di Hasib. «Prima non c’erano», assicurano.

Il manifesto ieri è entrato in quell’appartamento insieme ai coniugi Omerovic e a tre dei loro figli tra i quali Sonnita, la ragazza disabile che è l’unica testimone oculare di quanto avvenne quel giorno. Sonnita, che sembra abituata ad un linguaggio di affetti più che di parole, quasi non voleva entrare in quella casa. Poi, su richiesta, ha mimato ciò che ricordava. E ha pianto.

Di sicuro si sa solo che il 37enne disabile volato giù dalla finestra della propria camera mentre in casa si erano introdotti – senza alcun permesso – alcuni agenti di polizia, non è mai stato sottoposto a visita medico-legale. E ogni giorno che passa sarà sempre più difficile rispondere a quelle domande che si dovrebbe porre qualsiasi Paese democratico, non solo la famiglia: sono compatibili con la sola caduta le ferite riportate sul certificato medico stilato dal pronto soccorso dell’ospedale Gemelli, dove Hasib è stato ricoverato, e acquisito dall’Inps? Una caduta che, a detta della polizia, dovrebbe essere avvenuta nel tentativo di fuggire, quindi saltando giù dalla finestra sulle proprie gambe, non certo a testa in giù.

«Frattura del massiccio facciale, della base cranica e dell’osso frontale, orbitaria sinistra e della fossa cranica di sinistra», si legge sul certificato. Segue la descrizione di una serie di fratture sulla parte destra del corpo, soprattutto spalle, sterno, coste e braccio, oltre al «traumatismo» di milza, fegato, rene e polmone. E infine anche «presenza di ematomi periorbitali».

«Come è possibile che abbia contemporaneamente sia la nuca spaccata che il naso rotto e l’orbita completamente sfondata?», si chiedono i familiari. I primi interventi chirurgici sul giovane disabile sono stati per la «riduzione della frattura mascellare e nasale con ricostruzione di pavimento orbitario», e la «rimozione di frammenti ossei nell’avambraccio sinistro».

Ieri è stata ascoltata per oltre 5 ore dal pm Stefano Luciani anche la sorella Erika, 16 anni, che ricevette sul telefonino l’immagine del fratello sanguinante a terra. Scattata da chi, ancora non è dato sapere.

Intanto agli Omerovic è stato assegnato un nuovo alloggio popolare, in un altro quartiere. In un lungo post su Fb Nella Converti, presidente della Commissione Politiche sociali di Roma, ha rivendicato il «risultato» che l’ha resa «felice», malgrado «i segni visibili della mia stanchezza» dovuta allo sforzo. Ebbene, la nuova casa è completamente vuota, senza neppure una lampadina (tanto manca l’elettricità), né un lavello in cucina. Così, dopo dieci giorni di vita in macchina, la famiglia Omerovic ora dormirà «al sicuro», come dice Converti, ma in terra, a lume di candela. In un appartamento che per fortuna ha reso «felice» qualcuno.