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Morto Harold Ramis, l’eroe della rivoluzione comica

Morto Harold Ramis, l’eroe della rivoluzione comicaHarold Ramis, sotto giovane sul set di Ghostbusters

Ritratti L'attore, regista e sceneggiatore americano era uno dei quattro Ghostbusters. Animal House porta anche la sua firma

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 24 febbraio 2014

«Non siamo watussi, non siamo spartani –siamo americani!.. Il che significa che i nostri antenati sono stati buttati fuori da ogni paese decente del mondo. Siamo una marmaglia di rifiuti. Siamo gli sfigati. Siamo dei bastardi. Ecco la prova». A quel punto di Stripes – Un plotone di svitati (1980), Bill Murray toccava il naso di un soldato come lui e aggiungeva: «Ha il naso freddo». Che fosse in un monologo come quello qui sopra o nel concetto stesso di un film (ancora Murray, questa volta meteorologo cattivissimo, che continua a svegliarsi lo stesso giorno, come succede nel capolavoro Ricomincio da capo (Groundhog Day, 1993), il tocco comico di Harold Ramis – con quel suo mix elegantissimo di Preston Sturges e controcultura, di calore umano e affilatezza politica- era immediatamente riconoscibile.

Il grande sceneggiatore/regista/attore di Chicago è morto nella notte di domenica all’età di 69 anni. Dal 2010 era affetto da una grave, rara, malattia del sistema circolatorio, la vascolite infiammatoria. Nome chiave della rivoluzione comica della Hollywood anni ottanta, Ramis è stato autore delle sceneggiature di classici come Animal House (insieme a Doug Kenney e Chris Miller), Ghostbusters (in cui era anche uno dei tre acchiappafantasmi), Polpette (Meatballs), Stripes, Palla da golf (Caddyshack), Ricomincio da capo e Terapia e pallottole (Analyze This) (un’altra sua idea brillante: De Niro mafioso che va dallo psicologo). Degli ultimi tre ha firmato anche la regia. Ma il suo contributo alla commedia americana contemporanea è ovunque ancora oggi. Judd Apatow (che ha podotto il suo ultimo film, Anno uno (Year one, 2009), tratto da una routine comica scritta per Bill Murray e John Belushi e in omaggio alle buffe avventure picaresche interpretate negli anni cinquanta da Bob Hope e Bing Crosby), Adam Sandler, Jay Roach, Peter Farrelly lo hanno sempre citato come una della loro maggiori influenze.

Figlio dei proprietari di un negozio di liquori chicagoano (lo spirito del Midwest gli rimase sempre dentro, da anni ormai aveva abbandonato Hollywood per tornare «a casa») Ramis si era formato all’imprescindibile scuola di Second City, la troupe d’improvvisazione comica da cui sono venuti anche Bill Murray, Chris Fareley, John Belushi, Mike Meyers… e il cui DNA attraversa tutt’oggi gran parte di Saturday Night Live.

«Il momento in cui ho capito che non potevo diventare una grande star della commedia è stato la prima volta che sono salito su un palcoscenico al fianco di John Belushi» aveva detto al Chicago tribune nel 1999. Ma, nonostante il suo maggiore successo di attore rimanga Ghostbusters, recitare gli piaceva e Apatow lo ha scritturato ancora recentemente in Molto incinta (Knocked Up, 2007) dove Ramis improvvisò gran parte delle scene sul set.

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«Dopo Animal House qualcuno ha iniziato a confondere il tono comico con i contenuti…Penso che noi fossimo disgustosi, ma con un proposito», mi diceva Ramis nel 2009, riflettendo sull’attuale discendenza della geniale commedia diretta da John Landis nel 1978. «Harold ha confezionato i Sixties per il mercato di massa degli anni settanta e ottanta», notava infatti lo sceneggiatore Dennis Kein in un pezzo dedicato a Ramis dal «New Yorker». La controcultura era il suo luogo di provenienza e di ispirazione: «Avevo tredici anni quando Elvis Presley è diventato famoso. Ero al primo anno di università quando hanno eletto Kennedy e i Beatles sono venuti in America. Stavo per laurearmi quando è stato ucciso e la cultura è cambiata completamente.…Il movimento per i diritti civili e il free speech hanno segnato i miei anni di college. Nel 66 quando, quando ho finite la scuola, sono andato direttamente a San Francisco – in pieno Haight Ashbury. Avevo i capelli lunghi e per anni mi sono vestito come se fossi sulla copertina di un disco rock. Mi identificavo completamente con la controcultura e la sua politica, meno da attivista e più vicino a Abbia Hoffman» mi raccontava Ramis nel 2004. Aveva i capelli tutti grigi e faceva più fatica a farsi produrre i film. Ma la grazia e la sapienza del suo spirito antiestablishment erano completamente intatte.

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