«Halka», una partitura di emozioni collettive
Musica L’opera di Stanislaw Moniuszko, considerata l'inizio del teatro polacco, proposta a Santa Cecilia in una sorta di mise en espace. Un repertorio importante finora mai eseguito in Italia
Musica L’opera di Stanislaw Moniuszko, considerata l'inizio del teatro polacco, proposta a Santa Cecilia in una sorta di mise en espace. Un repertorio importante finora mai eseguito in Italia
Halka, opera di Stanisław Moniusko, è considerata l’inizio, nel 1846, di un teatro nazionale polacco. Così come in Russia Una vita per lo zar di Glinka nel 1836 apre la stagione del grande teatro musicale russo. Il teatro musicale slavo – russo, polacco, ceco – non ha grande spazio nei teatri italiani. Salvo i due o tre titoli famosi di Musorsgskij e di Ciajkovskij. Invece, nel panorama teatrale europeo, occupa un posto di grande rilievo. E ha stimolato innovazioni nel teatro di tutta l’Europa: basterebbe pensare a una figura come Smetana, Janacek o Stravinskij.
IN ITALIA l’opera di Moniuszko non è mai stata rappresentata, per esempio. A proporne adesso una sorta di mise en espace ci ha pensato il Consevatorio Santa Cecilia di Roma collaborando con l’Università della Musica Fryderick Chopin di Varsavia (in Polonia esiste una università musicale). Come quasi tutto il teatro musicale europeo, anche Moniuszko individua il modello di partenza in Rossini. Del resto, come ha scritto Carl Dahlhaus, la musica europea trova, all’inizio dell’800, due figure di riferimento: Beethoven e Rossini. Ma ciascun compositore, poi, sviluppa autonomamente il modello. Moniuszko immette nella struttura rossiniana melodie e ritmi della tradizione popolare polacca, con una operazione di musica teatrale simile a quella strumentale del suo contemporaneo Chopin. In certe arie, infatti, si riscontrano affinità proprio con le melodie polacche per voce e pianoforte di Chopin. Ma non sono le arie solistiche a prevalere nell’opera, bensì i brani d’insieme. Il che conferisce all’opera un respiro sinfonico comune a tutto il teatro slavo.
Halka è stata eseguita in una traduzione italiana, il che ha fatto perdere il respiro comune di lingua e melodia, che si sarebbe percepito se l’opera fosse stata cantata in polacco. La vicenda è semplice: un nobiluomo, Janusz seduce e mette incinta una giovane contadina, Halka, ma sposa una ragazza del suo ceto sociale. Disperata, la contadina si uccide. Il pubblico ha potuto seguire lo svolgersi dell’azione e come la musica più che le singole emozioni dei personaggi rappresentasse le reazioni collettive di tutti via via che emergono i particolari della storia, reazioni straordinariamente espresse dai pezzi d’insieme, ma non ha potuto cogliere la finezza dell’orchestrazione, perché non c’era un’orchestra, sostituita dalla trascrizione pianistica della partitura, al pianoforte un bravissimo Krzysztof Trzaskowski. Halka un’efficace Antonina Kiepuszwska, Janusz Tymoteusz Cyrkun, Jontek, il contadino invano innamorato di Halka, Piotr Halicki. Perfetto il Coro dell’Università della Musica, nell’intonare una scrittura fittamente contrappuntistica. A dirigere la compagine, con rigore, Lilianna Krych. Il folto pubblico che riempiva la Sala Accademica del Conservatorio ha applaudito con calore. In attesa che un teatro affronti anche questo importante repertorio.
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