Negli affollatissimi cataloghi delle piattaforme è facile perdersi tra novità in contemporanea mondiale, anteprime e blockbuster. Poi ci sono le eccezioni eclatanti, come nel caso di Hacks – serie approdata in questi giorni su Netflix con le prime due stagioni (mentre una terza si è appena conclusa negli Stati uniti), a tre anni dal debutto. Un piccolo gioiello – creato dall’italiana Lucia Ianello, il marito Paul W. Downs e Jen Statsky – molto lontano dai cliché del genere, curatissimo nei dettagli, nella scrittura e nella scelta degli attori. Ambientata a Las Vegas, la serie vede protagonista una diva della stand up comedy, Deborah Vance (a interpretarla è Jean Smart) che combatte contro la decisione della direzione dell’albergo dove ha la sua residence da decenni, di ridurre il numero di serate per inserire nel cartellone nuovi artisti alla ricerca di un pubblico meno…ageé. Obtorto collo, si trova costretta ad accettare la proposta dell’agente di reclutare , Ava (Hannah Einbinder), una giovane autrice comica che ha vissuto un momento di notorietà, per poi perdersi dopo una battuta «infelice» su un senatore gay.

INUTILE DIRE che le due donne hanno una personalità debordante, e sulla loro reciproca animosità si basa la serie, che ha il pregio di raccontare il mondo della comicità e allo stesso tempo di gettare uno sguardo ironico (ma non solo) su Hollywood. Seppur azzeccate anche le figure comprimarie: un manager ansioso, una segretaria sessuomane, la figlia problematica, una croupier folle e un assistente gay in crisi di identità, Hacks funziona soprattutto quando a interagire sono le due protagoniste. Ma è Jean Smart a catturare l’attenzione dello spettatore, lo sguardo glaciale e affilato capace di battute ironiche (e ciniche) e ricco di passionalità dirompente. Hacks si rivela così un affascinante mix di stili, che utilizza la stand up comedy non solo come elemento narrativo ma come un perfetto strumento di scrittura.