La prosa di H.P. Lovecraft non è certamente di livello eccelso. Ma non è la qualità della sua scrittura a farne uno scrittore il cui successo continua imperturbabile a poco meno di 85 anni dalla scomparsa. Il suo immaginario, fatto di terrori senza nome e di antiche divinità non morte in attesa di risvegliarsi e di riprendere possesso del mondo, ha contaminato ogni medium, dal cinema ai fumetti, sconfinando inevitabilmente anche nella sfera ludica.

A far da traino è sicuramente il settore dei giochi da tavolo in cui l’influenza lovecraftiana ha creato alcuni dei giochi di maggior successo come Le case della follia e Arkham Horror ed il recente Cthulhu: Death May Die (tutti pubblicati in Italia da Asmodee) che, con le loro varianti ed espansioni, permettono ai giocatori di esplorare scenari ispirati alle opere dello scrittore investigando – sempre sull’orlo della pazzia – su misteriosi culti che evocano presenze demoniache da sconfiggere unendo magia e potenza di fuoco.
Altro ambito ludico è quello dei libri game. Nel nome di Dagon realizzato da Federico Bason, pubblicato l’anno scorso per LibroGame.net, ma rivisto e riedito lo scorso novembre in una nuova edizione gratuita in formato digitale dal sito o al costo di stampa in formato cartaceo da Lulu.com, è una violenta storia intrisa del Gore annunciato dalla collana in cui è inserito. L’autore ci mette nei panni di Andrew, un serial killer convinto di purificare il mondo seguendo le voci di spiriti, con il compito di uccidere la divinità malvagia Mosk insediatasi nella città di Enboca (chiara l’allusione ad Innsmouth) e protetta dai suoi fedeli che incarnano i peccati umani. Proprio come nei videogiochi maggiormente condannati per le rappresentazioni di violenze e crudeltà, siamo chiamati a compiere scelte per uccidere, ingannare, massacrare esseri comunque ignobili e ripugnanti al fine di portare a termine il nostro compito. E comunque l’autore non ci lascia dubbi sulla natura stessa del protagonista descrivendolo con indosso la maschera da hockey di Jason Voorhees. Più tradizionale invece l’impianto di I boschi dell’incubo di Manfredi e Triolo, primo volume della serie Arkham Dreams (Tora edizioni), che utilizza una versione semplificata delle meccaniche del gioco di ruolo Il Richiamo di Cthulhu per portarci in giro per le foreste del New England popolate da scorbutici e poco rassicuranti boscaioli alla ricerca di un professore scomparso mentre era alla ricerca di testimonianze sulla veridicità di antichi miti indigeni. Durante la ricerca dovremo confrontarci non solo con congiure e ostilità, ma pure con la storia dei nostri avi che s’innerva in quella, misteriosa e maledetta, del luogo attraverso una dimensione onirica ma non meno potenzialmente mortale.

In ambito videoludico, infine, pochi mesi fa è uscito su Steam Dagon by H. P. Lovecraft sviluppato da Bit Golem per pc, anche con l’uso dei dispositivi per la realtà virtuale. Il gioco base è offerto gratuitamente, mentre sono a pagamento i contenuti aggiuntivi (DLC). Dagon by H. P. Lovecraft non è un vero e proprio «gioco» ma piuttosto un «visual novel»: una trasposizione immersiva del racconto. Per questo è sicuramente consigliabile la fruizione VR per apprezzare appieno le ambientazioni ricreate per farci attraversare immersi nella prima persona nel protagonista del racconto gli incubi delle terre antiche emerse dalle profondità marine che riportano in vita il culto di una delle antiche divinità: Dagon appunto.

Quale il motivo della «coda lunga» dell’opera lovecraftiana? Forse proprio l’ossessione per la contaminazione. Lovecraft raramente descrive direttamente gli orrori che presenta: solitamente li presenta in maniera indiretta, attraverso la rappresentazione fattane in medaglie, disegni, sculture o bassorilievi, anche perché direttamente di fronte ad essi la mente dei protagonisti cede alla follia. Ma tali orrori sono adorati, evocati, rappresentati da razze umane per Lovecraft inferiori, o peggio da meticci sia di razze sia di specie diverse dall’umano. E nei suoi racconti la razza umana, quella bianca, non è che un’isola precaria di razionalità a fronte degli immondi culti insani che vengono custoditi da comunità di subumani o a cui vengono spalancate le porte da incauti scienziati. Non a caso il Necronomicon, il libro maledetto che apre le porte verso gli Antichi, è scritto da un arabo pazzo. Tale paura sostituisce il tecnofideismo fantascientifico in un futuro migliore per rappresentare in modo decisamente appropriato l’aggrapparsi dell’essere umano odierno a qualsiasi voce o idea che gli faccia credere di avere un minimo di senso a fronte di cataclismi come crisi e pandemie globali.