Günter Brus e il teatro della crudeltà che scioccava la società bigotta
Ritratti La morte del performer dell'Azionismo viennese, che usava il suo corpo per contestare il sistema: le sue passeggiate inquietanti erano così invise alla polizia da procurargli l'arresto
Ritratti La morte del performer dell'Azionismo viennese, che usava il suo corpo per contestare il sistema: le sue passeggiate inquietanti erano così invise alla polizia da procurargli l'arresto
È negli anni Settanta che nasce la Performance Art basata sull’esecuzione del performer nel suo atto di reificare l’idea, misurandosi con lo sforzo fisico del proprio corpo e mettendolo spesso a rischio con azioni lesive. Ed è nel contesto fortemente reazionario viennese di quegli anni che si inseriscono forme artistiche radicali che conducono al Wiener Aktionismus, composto da Otto Muehl, Rudolf Schwarzkogler, Hermann Nitsch e Günter Brus.
Quest’ultimo (Ardning, 1938 – Vienna, 2024), che ci ha lasciati due giorni fa nella sua amata/odiata Vienna, è stato uno dei performer più perturbanti e politicamente scorretti della storia della performance, attraverso un uso autodistruttivo della propria corporeità e socialmente contestatario.
DA PRINCIPIO, Günter Brus era un pittore e disegnatore: «Ho iniziato con grandi quadri informali intorno al 1960. In seguito, sono stato chiamato al servizio militare e, per un anno, non ho potuto fare nulla. Nel frattempo, altri artisti si erano portati avanti con l’Azionismo e quando sono tornato mi sono trovato in questa dinamica, il cui teatro il Perinet Keller, uno scantinato che ci faceva da palcoscenico. Dopo il militare ero depresso, fumavo, bevevo, Otto Mühl mi ha salvato, dicendo che stavo facendo del male. Mi ha presentato il regista Kurt Kren al quale ho proposto di filmarmi mentre mi dipingevo», raccontava.
GLI AZIONISTI VIENNESI ricreando una sorta di teatro della crudeltà in cui era in qualche modo rappresentato «il nostro desiderio inconscio di uccidere», si scatenavano in pulsioni distruttive, il performer quasi attentava a se stesso e, di fronte a un pericolo pubblico, invertiva il suo ruolo: da vittima si trasformava in carnefice. Le Aktionen di Brus miravano al cuore della società bigotta e conformista e tentavano di riportare a galla le pulsioni desideranti più depravate e le oscenità più liberatorie. «Allora il termine performance non esisteva ancora, si usava ’azione’, in America ’ happening’».
Nel 1962 l’artista prese le distanze dal Blutorgel Manifest (Manifesto dell’organo di sangue) di Muehl, Nitsch e Frohner e nel 1965 Günter Brus, con la famosa Aktion Selbstbemalung (Auto-pittura), estremizzò la sua posizione corporea, giunta sull’orlo di un baratro: il suo viso era imbiancato di pittura e, accanto, una scure che ne copriva la metà. Sono quasi sempre allusioni estreme, le sue azioni, come nel caso di Wiener Spaziergang (Passeggiata viennese, 1965) in cui era vestito completamente di bianco, tracciato da una linea irregolare di vernice nera, in maniera tale da essere diviso verticalmente in due. In modo inquietante, Brus cominciò a passeggiare per l’Innerstadt, il cuore antico di Vienna, finendo per essere arrestato dalla polizia.
SFIDANDO L’ORDINE precostituito, Brus continuerà a compiere azioni strazianti come Selbstverstümmelung (Automutilazione), Starrkrampf (Rigidità catalettica), Der Staatsbürger Günter Brus betrachtet seinen Körper (Il cittadino Brus contempla il suo corpo), Der helle Wahnsinn (Il lucido delirio), Psycho dramolett (Psicodrammaletto), tutte del 1965, fino all’ultima, scomoda e provocatoria, Zerreissprobe (Prova di lacerazione, 1970). Nel frattempo, scrive libri come Irrwisch (1971) e non smette di disegnare.
Nel 1968, alla manifestazione Kunst und Revolution, tenuta all’Università di Vienna, alla quale partecipò inscenando una performance completamente nudo, si scatenerà una ondata moralizzatrice da parte della stampa e Günter Brus sarà condannato a sei mesi di reclusione per «vilipendio dei simboli della nazione e offese al pudore e alla morale». Oggi nessun artista rischierebbe tanto.
«SONO STATO ARRESTATO e rilasciato perché la prigione era piena – ha raccontato –. Mi hanno dato il permesso di restare a Vienna, ma non quello di lasciare la città, in attesa di essere destinato a un’altra prigione. Sono scappato con Ana. L’arresto era nato dall’azione Kunst und Revolution in Università con la motivazione che veniva deriso l’inno austriaco. Era una provocazione contro l’interferenza della politica nella cultura e non l’hanno sopportato… Poi ho fatto l’ultima azione a Monaco nel 1970. Tutto il percorso di lavoro, ma in particolare quest’azione, è stata una sfida anche corporale con noi stessi. L’azione di Monaco è stata così estrema che ho pensato che non avrei potuto andare oltre e così ho deciso di smettere. Da questo tipo di azione hanno preso spunto Gina Pane, Marina Abramovic e Valie Export».
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