Dopo l’8 settembre 1943 le montagne dell’Appennino – a sud, nel Lazio, Abruzzo, Molise e Campania, e a nord dalla Liguria all’Umbria, passando per la Toscana, l’Emilia e le Marche – si tingono di rosso.

Fino al 25 aprile 1945 i sentieri che salgono verso le cime dei monti o attraversano le valli, le «paurose e belle» gole, le forre, i paesi arroccati, gli altopiani, gli impenetrabili boschi e i cieli sopra di essi diventano teatro di battaglie campali, di stragi di civili, di rastrellamenti compiuti dalle truppe di Salò e della Wehrmacht o di vittorie partigiane. È lì – anche lì, oltre che nelle città del Nord e sulle Alpi – tra il Tirreno e l’Adriatico, lungo la settentrionale Linea Gotica e la meridionale Linea Gustav, che cresce la Resistenza e nasce l’Italia liberata. Eppure, a differenza dei luoghi dove si è combattuta la Grande guerra, divenuti attrattiva turistica sull’arco alpino, lungo la dorsale appenninica la memoria condivisa della Seconda guerra mondiale è tutt’oggi merce rara.

UN «OBLIO VOLONTARIO» che, spiega Stefano Ardito nel suo più recente libro dedicato ai combattenti delle montagne, ha «cause profonde», segno di un’elaborazione collettiva mai compiuta. Dopo Alpi di guerra, Alpi di pace che nel 2015 venne insignito del Premio Cortina montagna, questa estate Corbaccio editore ha dato alle stampe anche Guerra in Appennino 1943-1945: lotta per la libertà (pp. 219, euro 19,60), una sorta di guida escursionistica della memoria che Ardito, giornalista romano di lungo corso specializzato in viaggi e natura, compone col passo di chi conosce palmo a palmo quelle terre alte, studiate nella loro morfologia e percorse mille volte con lo sguardo curioso dello storico.

IN SEDICI PERCORSI, l’autore ricostruisce altrettante vicende che hanno segnato la Seconda guerra mondiale tra il marzo del 1943 e il maggio 1945. Alcune più note e già parte del patrimonio culturale condiviso – almeno a tratti, e soprattutto dalla popolazione locale –, come la «liberazione» di Mussolini dall’albergo di Campo imperatore dove era confinato, ai piedi del Gran Sasso, con un raid delle Ss e dei paracadutisti della Wehrmacht trasportati a bordo di alianti decollati da Pratica di Mare, vicino Roma. E altre quasi misconosciute, come l’epico duello aereo sulla Maiella – per restare sempre in Abruzzo e sempre nel ’43 – che si conclude con l’abbattimento da parte della Regia aeronautica di un B-17 americano i cui resti, ritrovati solo nel 2017 dal giornalista Lorenzo Grassi, sono ancora lì, all’interno della riserva integrale dell’alto vallone dell’Orfento, abbandonati e senza alcuna valorizzazione. A solitaria e muta testimonianza del tragico bombardamento di Sulmona.

STORIA DOPO STORIA, Ardito ci fa incontrare Carlo Azeglio Ciampi che scavalca a piedi la Maiella per sfuggire ai tedeschi. Poi ci porta su per il Monte Tancia, fino a Cassino o alle Mainarde molisane. E più a nord, lungo la Linea Gotica, il giornalista si immerge nelle vite dei partigiani e degli alleati che combatterono e morirono in Toscana, Emilia Romagna e Liguria. Ma ridà valore anche ai piccoli «miracoli» di cittadini comuni che costruirono oasi di pace e di solidarietà, mentre tutt’attorno la guerra impazzava. Uomini e donne della Resistenza in quota, non solo con le armi in mano.