Guerra: «Governo in confusione: il Piano combatta il cambiamento climatico»
Pnrr La parlamentare tornata nel Pd: «Dicono di voler cambiare alcune misure? Allora dirottino più risorse per interventi contro il dissesto idrogeologico. Il Pd sia laico: serve cambiare il modello di sviluppo»
Pnrr La parlamentare tornata nel Pd: «Dicono di voler cambiare alcune misure? Allora dirottino più risorse per interventi contro il dissesto idrogeologico. Il Pd sia laico: serve cambiare il modello di sviluppo»
Maria Cecilia Guerra, per combattere la crisi climatica in Emilia-Romagna si potranno usare i soldi del Pnrr? Il Pd propone di aumentare le risorse previste.
Nel Pnrr ci sono già 15,8 miliardi della missione 2 componente 4 denominata «Tutela del territorio e della risorsa idrica». Di questi 8,49 miliardi riguardano direttamente «Prevenire e contrastare gli effetti del cambiamento climatico sui fenomeni di dissesto idrogeologico e sulla vulnerabilità del territorio» a sua volta divisi in 2,49 miliardi speficamente per «Misure per la gestione del rischio di alluvione e per la riduzione del rischio idrogeologico» e 6 miliardi per «Interventi per la resilienza, la valorizzazione del territorio e l’efficienza energetica dei Comuni». La nostra proposta di aumentare le risorse previste si inserisce rispetto al governo che parla di dismettere alcuni piani già previste: chiediamo di dirottare risorse per progetti per combattere il dissestro idrogeologico.
Visitando i territori colpiti dall’alluvione però Giorgia Meloni ha sostenuto che non si possano usare altre risorse mentre da Bruxelles si fa riferimento solo ai Fondi solidarietà per le emergenze.
Si fa confusione. I due fondi hanno logiche diverse ed è chiaro che non si possono spostare risorse da uno all’altro. Noi stiamo dicendo un’altra cosa: se tu governo dici di voler rimodulare il Pnrr, le «ragioni oggettive» previste dai regolamenti della commissione europea permettono di dirottare risorse non spendibili, come per esempio è successo per quelle previste per il bando delle colonnine di ricarica per l’idrogeno. Nell’ambito delle finalità previste, un intervento strutturale nelle zone colpite è compatibile con il Pnrr. Il tutto mantenendo però uno dei cardini del Piano: il 40% di investimenti devono riguardare il Sud. Il problema è che il governo – a sette mesi dal suo insediamento – dimostra di avere le idee molto confuse.
Il ministro Fitto ha smentito l’intervista alla Stampa nella quale parlava di «smantellamento del piano». Parlava però anche di «sussidi diretti alle imprese»…
Prendendo per buona la smentita di Fitto, avvertiamo il governo che spendere i soldi del Pnrr nel modo più facile – tramite richieste dirette delle imprese come è già avvenuto per il Superbonus o Industria 4.0 – è gravissima: servono politiche industriali, non favori alle imprese che sono più veloci a chiedere soldi. L’altro passaggio grave riguarda l’idea delle compensazioni per Comuni e Regioni in ritardo, togliendo soldi ha chi ha presentato progetti e bandito le gare. Ma, ripeto, Fitto ha smentito. E ne siamo contenti.
Da emiliana come ha vissuto questa immane tragedia? Non pensa che la reazione difensiva del presidente della Regione Bonaccini e di molti sindaci Pd delle zone colpite non colga il cambio epocale a cui siamo di fronte? La legge sul consumo del suolo del 2017 era piena di deroghe e davanti a quello che è successo e alle nuove sfide va completamente riscritta.
Per fortuna nella mia Modena i fiumi non hanno tracimato. Finora era l’Emilia a preoccuparsi delle alluvioni e la Romagna di portare acqua per irrigare i campi: è accaduto l’esatto contrario. E questo dà la misura della novità epocale. La risposta di Bonaccini e degli amministratori è figlia di attacchi sguaiati e un po’ sciacalleschi. Detto questo la sfida che ci pone quanto è successo è enorme: serve capacità di adattamento perché l’accelerazione della crisi climatica dà certezza che a breve avremo altri episodi di questa gravità. Dovremmo imparare dalle zone del mondo che da anni hanno a che fare con il cambiamento climatico come il Bangladesh che ha un sistema di allarme e di mobilitazione molto rodato. Ma serve soprattutto la prevenzione. E da questo punto di vista serve un atteggiamento laico, come ha avuto il Pd sulla globalizzazione e la transizione ecologica: è chiaro che i modelli di gestione del territorio vanno completamente ridisegnati e il modello di sviluppo ridiscusso e modificato in fretta.
Lei da qualche settimana è responsabile Lavoro del Pd e sta combattendo in parlamento contro il decreto del primo maggio. Come contrastarlo?
Con i nostri emendamenti puntiamo a tre linee di denuncia e intervento. La prima riguarda l’abolizione del Reddito di cittadinanza sostituito con una misura categoriale e corporativa: l’Italia è l’unico paese in Europa a non avere più una misura universale di contrasto alla povertà. La seconda riguarda la precarietà: tra le norme che favoriscono i contratti a tempo determinato una prevede che la deroga alla causali sia possibile nella contrattazione diretta tra datore e lavoratore. È inaccettabile, serve la mediazione di un sindacato con una vera legge sulla rappresentanza. La terza riguarda il taglio del cuneo fiscale: deve essere permanente e per questo proponiamo di inserirlo nella delega alla riforma del fisco, impedendo che questo piccolo intervento cancelli dal dibattito pubblico la vera emergenza: aumentare i salari e aumentare la loro quota nella distribuzione della ricchezza.
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