Guerra e/o regimi dittatoriali, fuga dalla Siria e dall’Africa
Geografia degli sbarchi Cosa rivelano i dati del Viminale sugli "arrivi" nel corso del 2014
Geografia degli sbarchi Cosa rivelano i dati del Viminale sugli "arrivi" nel corso del 2014
I dati del ministero dell’Interno sulla provenienza dei migranti transitati nel Mediterraneo durante l’ultimo anno, con l’Italia come prima destinazione, raccontano più dei conflitti su cui si concentrano i media abitualmente.
A parte la Siria, che guida questa triste classifica, con 42.323 arrivi nel 2014. La guerra che sta lacerando ampie porzioni del paese e città importanti come Aleppo è sotto gli occhi di tutti. La fuga s’impone sotto il fuoco incociato dell’Isis, delle milizie qaediste e del cosiddetto Esercito libero siriano, oltre che delle truppe di Bashar al Assad. Nelle famiglie che sbarcano dopo la traversata colpisce una “compostezza” che si direbbe fuori posto: sono persone che in Siria godevano di un discreto welfare e di una certa disponibilità economica; nel momento in cui non riescono a vivere in sicurezza né a mantenere il loro status, prendono quello che possono e si mettono in viaggio. Via mare e via terra. Al dato vanno aggiunti quelli che dalla Turchia entrano in Europa attraverso la frontiera greca, con le acque del fiume Evros a trascinare via vite e speranze.
L’Eritrea è assai più lontana e infinitamente meno “coperta” da giornali e tg , ma si piazza seconda con 34.329 “sbarchi” nel 2014. Da qui sono i giovani a fuggire: da un servizio militare obbligatorio che può durare tra i cinque e i dieci anni, da siccità, disoccupazione, incarcerazioni indiscriminate e torture per i dissidenti, e in generale dal clima di isolamento e paranoia alimentato da un regime che ha tradito tutte le speranze legate alla lotta del Fronte di Liberazione del Popolo Eritreo. Dopo l’indipendenza ottenuta dall’Etiopia nel 1993, un’assemblea costituente ha indicato in Isaias Afewerki il presidente che avrebbe dovuto gestire la transizione verso le prime elezioni libere. Dopo oltre vent’anni, non è successo niente. Chi prova a raggiungere l’Italia ha sempre un numero «preferito» nella rubrica del telefono, quello di un prete eritreo residente in Vaticano. Mussie Zerai dirige Habieshia, un’agenzia d’informazione e di mutuo soccorso. È soprannominato l’«angelo dei disperati» o considerato un istigatore d’immigrazione clandestina a seconda dei casi. Oltre a lanciare l’allarme quando riceve richieste d’aiuto dal mezzo del Mediterraneo o dal cuore del Sahara, ha più volte denunciato il tentativo da parte dell’ambasciata eritrea in Italia di schedare i fuggiaschi. Il 3 ottobre 2013 furono 366 gli eritrei annegati a Lampedusa.
Nella dolente classifica stilata dal Viminale seguono due dati di difficile interpretazione, tanto sono generici: 25.023 persone con provenienze «altre» e a seguire 20.461 «sub-sahariani». Come se non lo fossero i cittadini del Mali (9.938), in fuga dalla crisi in cui versa il nord dopo un conflitto tutt’altro che risolto, che ha coinvolto finora l’esercito di Bamako, le armate jihadiste del Fronte al Nusra e del Mojao, il Movimento per la jihad in Africa occidentale, le milizie tuareg che vogliono l’Azawad indipendente e quelle “lealiste”. E da ultime le truppe d’élite dell’esercito francese. Con i civili presi come al solito nel mezzo. «Sub-sahariani» sono anche i 9.000 migranti originari della Nigeria, paese lacerato dall’offensiva sanguinaria di Boko Haram negli stati del nord-est ma anche dalla repressione di cui sono oggetto il Mend e chiunque si opponga allo sfruttamento senza scrupoli, né ambientali né umanitari, da parte delle multinazionali nella regione del Delta. Va aggiunto che anche dissidenti ad altro titolo potrebbero avere buoni motivi per cambiare aria. Per non dire dei migranti più classicamente “economici”. Il dato ovviamerte non considera coloro – la maggioranza – che arrivano con un visto turistico che poi viene lasciato scadere. Ma parliamo pur sempre del paese più popoloso d’Africa, coi suoi 170 milioni di abitanti. In questo senso sconcerta il dato del Gambia (8.707 persone “sbarcate” nel 2014), che di abitanti ne conta cento volte di meno ed è il più piccolo stato del continente. Ma in quanto ad arresti arbitrari e torture il governo di Yahya Jammeh non ha nulla da imparare dai grandi.
Le perduranti politiche di occupazione e aggressione di Israele spiegano l’ottava piazza occupata dalla Palestina, con 6.802 “arrivi”. E i 5.756 giunti fin sotto la “Fortezza Europa” dalla Somalia sono niente, rispetto al tragico caos che nessuno è riuscito ancora a dipanare e al campo profughi più grande del mondo a Dadaab, Kenya, nel quale hanno trovato rifugio in 700 mila.
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