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«Guerra e morte, due termini che si equivalgono»

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Divano La rubrica di storia e cultura. A cura di Alberto Olivetti

Pubblicato circa un anno faEdizione del 17 novembre 2023

Dal 7 ottobre del 2023, nelle terre della Bibbia, le armi uccidono senza sosta donne e uomini a migliaia nelle loro case.

Dal 2014 scontri armati, con frequenza e collocazione variabile, si sono succeduti in Ucraina fino a giungere, dal febbraio del 2022, allo scontro tra due eserciti schierati in campo. Si fronteggiano, da allora, combattendosi in una spietata guerra di posizione che ricorda, più della Seconda, la Prima guerra mondiale. Non mancano i bombardamenti sulle città e le incursioni nei villaggi, ma le operazioni militari sono di conquista e di difesa di porzioni di territorio, si attestano lungo linee che descrivono un fronte di reciproco fuoco dove trovano la morte migliaia di soldati. Come sui fronti europei dal 1914 al 1918.

Anche Carlo Emilio Gadda combatté in trincea e fu fatto prigioniero a Caporetto. Pubblica nel 1931 La Madonna dei filosofi. Traggo due brani dal capitolo intitolato Manovre di artiglieria da campagna, dove descrive i corpi dilaniati sotto il tiro dei cannoni che polverizzano, esplodendo, le rocce del Carso.

«Molti ragazzi non si sa bene che cosa facciano. Che cosa fanno? Poiché una nebbia nasconde ogni cosa. Reclinato, chi suda un filo rosso di sudore, altri sono come infarinati mugnai. Farina è sui nostri calzoni, sul viso e sulle mani aride… Ma, fra i cubi della roccia divelta, atroci brandelli, maschere tumefatte, costringono i nostri occhi in una fissità perfetta e orrenda. Oh, madri! … Così è che il monte, al confine della terra, si beve il suo farmaco tepido, si beve il suo farmaco rosso. Così è, come già fu, che nostra terra ci porta. Come già fu, come in eterno sarà».

E ancora: «Ho pensato molte volte a voi, poveri morti … Perdonatemi! Io ho cercato di imitarvi e di seguitarvi: ma sono stato respinto. Certo è che commisi dei gravissimi errori, e così non fu conceduto che potessi iscrivermi nella vostra Legione. Così mi sono smarrito. Ma penso di voi, compagni morti. Vi sono monti lontani, terribili: ed ecco le nuvole sorgono, come sogni, o come pensieri, dai monti e dalle foreste».

Eugenio Garrone il 31 maggio 1917 dopo la battaglia sul monte Faiti, scrive alla madre: «La morte mi ha sfiorato infinite volte senza ghermirmi: in mille sibili, ululati, tonfi, scoppi, è passata sul mio capo, intorno a me, minacciosa, rabbiosa, e non mi ha colpito». E, due giorni dopo, il 2 giugno: «dovevamo per consegna resistere o morire. La terra pareva un vulcano, un succedersi d’eruzioni, di tonfi, di scoppi, un volare ininterrotto di sassi, di schegge fischianti nell’aria, un finimondo. Cadevano numerosissimi e l’aria si riempiva di gemiti, di urla, di pianti».

Cesare Caravaglios (1893-1937), capitano degli alpini, più volte ferito, musicista, studioso del folklore musicale, ne L’anima religiosa della guerra (Milano, Mondadori, 1935) scrive: «Questa è l’ossessione in cui il soldato vive tutta la guerra. Per lui guerra e morte sono due termini che si equivalgono».

Guerra e morte per il soldato si equivalgono. La guerra fa della morte il tratto permanente del suo essere ancor vivo. E questo essere ancora vivo è un mero stare esposto in permanenza alla propria morte.

Tutto il tempo del soldato vivo coincide con il qualunque attimo che fa di lui un soldato morto. Il tempo del soldato è un susseguirsi di frammenti ciascuno dei quali si presenta simultaneamente come l’ultimo minuto della sua vita e il momento della sua morte.

Soldati ovvero rientrare nel novero dei morti fin dal reclutamento. Sono soldato, sono qui per essere ucciso. Sono qui per essere morto. Ho consapevolezza che la guerra si conduce con l’essere io soldato calcolato come morto. O come uccidibile. Dunque come ucciso. Ed essere, una volta ucciso, sostituito da un uccidibile che subentra.

Gli uccisi, uno per uno. Non l’uccidere in guerra. Le forme dell’uccidere e il calcolo del morire sono capitoli dei trattati di strategia e di tattica militare, dove i soldati sono numerati in ragione d’un uccidere e d’un essere uccisi.

I soldati morti sono il soggetto dei bollettini di guerra. I morti soldati sono il soggetto d’una riflessione sulla dignità dell’uomo, De hominis dignitate.

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