Guattari, i mille piani del cinema
Pagine Luiss University Press pubblica «UIQ», di Felix Guattari, una sceneggiatura cinematografica mai realizzata
Pagine Luiss University Press pubblica «UIQ», di Felix Guattari, una sceneggiatura cinematografica mai realizzata
All’inizio degli anni ’80, Felix Guattari, il co-autore con Gilles Deleuze dell’Anti-Edipo e di Mille piani, scrive la sceneggiatura per un film di fantascienza dal titolo Un amour d’UIQ, a cui collabora anche Robert Kramer (che dopo Milestones abbandonò gli Stati Uniti per stabilirsi in Europa, prima in Portogallo e successivamente in Francia, dove conoscerà Guattari grazie a Serge Daney).
Un amour d’UIQ è la storia dell’incontro tra l’entità ‘aliena’ UIQ (Universo Infra Quark), una particella infinitamente piccola proveniente da un ceppo mutante di cianobatteri, e un gruppo di squatter, dove UIQ non ha una forma definita ma muta continuamente, adattandosi ogni volta ai soggetti con cui interagisce attraverso una paradossale, schizofrenica, empatia.
Dopo il ritrovamento dei manoscritti originali e la prima pubblicazione in Francia nel 2012, Silvia Maglioni e Graeme Thomson, due cineasti atipici, ricercatori ostinati di un cinema diffuso e multiforme, ne hanno curato l’edizione italiana (per Luiss University Press), dopo aver sperimentato e proposto in giro per il mondo forme alternative di vita di questo straordinario progetto, arrivando anche a realizzarne un film, In Search of UIQ.
L’UIQ di Guattari ricorda a tratti l’HAL 9000 kubrickiano (nel momento in cui ‘perde il controllo’), a tratti i coevi alieni spielberghiani. Non stupisce, in questo senso, che Guattari sia andato a cercare sostegno per il suo progetto presso il produttore di Incontri ravvicinati del terzo tipo, Michael Phillips, che tuttavia giudicò il progetto eccessivamente politico per gli Stati Uniti. La distanza tra Spielberg, tra i massimi autori di un cinema talmente iscritto nel Capitale da costituirne una colonna portante, e Guattari, che al contrario ha portato avanti istanze ostinatamente anti-capitaliste, non potrebbe essere maggiore. Eppure c’è un punto in cui si toccano, un terreno comune in cui si ritrovano a giocare la stessa partita. Incontri ravvicinati, per esempio, è tra i primi a proporre una figura di alieno (che prenderà definitivamente corpo qualche anno più tardi con E.T.) non alienata, se così si può dire, non allineata agli standard della tradizione fantascientifica americana che vedeva l’extraterrestre come mostro, come alterità dalla quale difendersi o fuggire. La vicinanza poi tra l’E.T. di Spielberg e l’UIQ di Guattari è più che una mera consonanza (entrambi fanno di un acrostico il proprio nome), e rimanda alla relazione (sentimentale) con l’altro (un sé dislocato, mobile, potenziale).
Se infatti l’extra (nel senso di ancor più) terrestre spielberghiano era l’alter ego del bambino co-protagonista, quello guattariano lo è potenzialmente di tutto il genere umano, costituendo di fatto il contenitore fluido delle verità, delle ambiguità e delle paure umane.
«L’Universo infra-quark proviene da una realtà completamente diversa da quella degli umani. Inoltre si manifesta direttamente a una comunità di marginali evitando la classica mediazione dell’apparato scientifico e militare. Si presenta come forza debole, minuscola, instabile, capricciosa, incline agli sbalzi d’umore, priva di senso della misura. Piuttosto che proiettare un’aura di onnipotenza, si propaga in modo incerto, attraverso una serie di interfaccia modellate sui desideri dei suoi interlocutori» (così i curatori nella lunga e appassionata introduzione).
In questo ribaltamento prospettico rispetto all’entità della figura di UIQ, rispetto per esempio al suo appartenere non al mondo infinitamente grande (lo spazio cosmico) ma a quello infinitamente piccolo (i quark, i cianobatteri), è possibile leggere la poetica che Guattari ricerca dietro lo scenario fantascientifico, ossia una politica tutta interna, terrestre, umana, troppo umana, che possa liberare le forze (le debolezze) di quell’animale mediatico che infine siamo, di fronte al quale l’alterità rappresenta un pericolo e una possibilità di liberazione nello stesso tempo, e forse – sembra suggerirci Guattari – nello stesso atto: non un atto di creazione, ma piuttosto un atto di (auto)distruzione, di dissoluzione, di osmosi, di dissolvenza incrociata tra l’immagine che siamo e quella che temiamo. In questo senso la materia trattata da Guattari è rivoluzionaria, perché non prevede nessun «ritorno all’ordine» possibile, nessuna armonia da riconquistare perché non è l’armonia che va cercata ma la forza dinamica, dialettica, dell’incontro – inevitabilmente catastrofico – tra diversità che potrebbero scoprire di appartenere allo stesso mondo se riuscissero a distogliere l’attenzione dal proprio trauma originario (riuscendo casomai a incarnarlo, a viverlo).
Difficile dire cosa sarebbe stato Un amour d’UIQ se fosse stato prodotto. Inizialmente lo stesso Guattari voleva che fosse Robert Kramer a dirigerlo; qualche anno dopo, naufragata definitivamente l’ipotesi hollywoodiana e visto il rifiuto del CNC francese a cui la sceneggiatura fu sottoposta, scriverà una lettera a Michelangelo Antonioni per chiedergli se il progetto lo interessasse. Altrove sembra chiaro che Guattari stesso volesse dirigerlo.
La mutevolezza che contraddistingue UIQ sembra articolarsi e propagarsi a ogni manifestazione della sua esistenza, e allora le molte pratiche che Maglioni e Thomson hanno messo in gioco nella loro pluriennale ricerca (che coinvolge in qualche modo anche il loro recente lungometraggio Common Birds), sono le possibili forme (tra mille altre) di un cinema disseminato oltre ogni ragionevole misura, un cinema smisurato che dissolve i propri confini attraverso un esercizio analitico non lineare, non preordinato, e soprattutto non consolatorio.
«La nostra idea era di utilizzare passaggi della sceneggiatura di Guattari come vettori cinebatteriologici per far esistere l’Universo infra-quark attraverso un processo di contaminazione. La trasmissione di Uiq da una persona all’altra avrebbe generato visioni collettive di come il film avrebbe potuto essere: piuttosto che una produzione cinematografica, una rappresentazione spettacolare o un oggetto delimitato nel tempo e nello spazio, l’opera corale avrebbe preso forma attraverso la sua forza destituente, la sua inoperatività, in un continuo processo di variazioni. Come nuovi naufraghi di una catastrofe cosmica, ci siamo riuniti intorno al testo per accogliere l’arrivo di Uiq e immaginare i movimenti della macchina da presa, la coreografia dei gesti, l’aspetto dei personaggi, i dettagli delle location. Il film di Guattari ha cominciato a esistere attraverso i suoi futuri-anteriori, in quello che avrebbe potuto essere o sarebbe stato, risituandosi ogni volta a partire dal contesto sociale, politico e linguistico dei partecipanti”»(Maglioni-Thomson).
Bonus Track: In coda al volume (Felix Guattari, UIQ, introduzione, curatela e traduzione di Silvia Maglioni e Graeme Thomson, Luiss University Press, Roma 2022) Radio Galaxie, progetto per un film sulle radio libere.
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