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Guardiamo in alto. Ma non troppo

In una parola

In una parola La rubrica settimanale a cura di Alberto Leiss

Pubblicato quasi 3 anni faEdizione del 4 gennaio 2022

Non ho ancora visto il film di cui si parla, Don’t look up, ma lo farò quanto prima. Le recensioni sono stimolanti e mi fido del consiglio di una amica.

Si sa di che si tratta, anche se non ci siamo ancora seduti nel buio silenzioso e accogliente di una sala cinematografica. Una cometa minaccia la terra, ma l’umanità instupidita che siamo, a cominciare da chi avrebbe forse il potere di fare qualcosa, e di chi dovrebbe informare cercando la verità (insomma, politici e giornalisti), non fa nulla per affrontare il pericolo.

Anzi, è meglio nemmeno alzare lo sguardo.

Troppo facile pensare allo smarrimento con cui vediamo aggravarsi – ma quanto si sta aggravando? – la situazione dei contagi intorno a noi. Alla sensazione di impotenza che ci assale. E ancora di più a quanto la continua “emergenza” del virus ci obblighi a non alzare lo sguardo da questo singolo, per quanto importantissimo, problema, verso molte altre cose che non vanno bene nelle nostre vite, nel paese e nel pianeta.

Ieri mi ha un po’ consolato un articolo su una serie di fenomeni celesti previsti in questo periodo. Uno dovrebbe essere già avvenuto. Per ieri sera era annunciata una pioggia di “stelle cadenti” che fa pensare alle calde giornate di agosto. Qualcuno, dopo la mezzanotte, potrebbe aver visto lo sciame meteorico delle Quadrantidi, “considerato uno dei migliori dell’anno”. Meteoriti dette anche Bootidi perché sembrano arrivare dalle vicinanze della costellazione del Boote, quella con la splendente e enorme stella Arturo.

Come in altri territori astrali la mitologia greca ha ambientato qui certi orrendi episodi (per esempio la singolare idea di Licaone di verificare l’identità di Zeus, suo genero e inatteso ospite, facendogli mangiare pezzi del figlio Arcas…), ma da questo non dovrebbero derivare altri malanni per la nostra già provata Terra.

Altri accadimenti concomitanti sembrano di buon auspicio.

Stamattina la Terra dovrebbe aver raggiunto il perielio, cioè il punto della sua orbita più vicino al Sole (147.104.813 km). Cascarci dentro non sarebbe divertente, ma averlo un po’ più vicino non dispiace. Le giornate si allungano, la luce aumenta, e se dal 7 gennaio potremo ammirare Mercurio dopo il tramonto, al posto di Venere, e dal 18 tornerà la Luna piena, alla fine del mese ci viene annunciato un numero veramente da non perdere: il 29 “alle prime luci dell’alba” sarà infatti osservabile l’allineamento di Luna, Marte e Venere, che sorgono verso sud-est.

Per il sapere astrologico in genere gli allineamenti portano bene, accompagnano cambiamenti, ma dipende anche da come i pianeti influiscono nei segni zodiacali di ciascuno. Quindi aspettiamoci benefici e malefici personalizzati.

Ma a questo punto non avremmo indugiato troppo con il naso all’insù?

Viene in mente la storiella narrata da quel burlone di Platone: la “servetta di Tracia” che prende in giro il geniale Talete: scrutava come sempre il cielo per decifrarne i misteri, e cadde ridicolmente in un pozzo. Fortunatamente non si fece male, ma da allora il troppo filosofare, senza badare alle cose che ci stanno “tra i piedi”, ha perso appeal.

Sempre ieri mi ha colpito questa frase dell’esperto di turno, il presidente della fondazione Gimbe Nino Cartabellotta: “La scuola rappresenta un bacino di contagi. È chiaro che non avendo lavorato sugli aspetti strutturali, possiamo modificare quanto vogliamo le modalità di screening e quarantena, ma con questa circolazione virale così alta bisogna fare delle valutazioni…”. Lo sguardo andrebbe posato su quel “non aver lavorato sugli aspetti strutturali”.

Qualcosa di molto grave e poco chiaro che “ci sta tra i piedi”.

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