Catanese, classe 1983, fondatore del collettivo Ground’s Oranges, Zavvo Nicolosi è uno dei registi di videoclip più interessanti del panorama italiano odierno. Al suo attivo ha ormai oltre una quarantina di lavori dal 2011 a oggi, tra gli altri per Baustelle, Zen Circus e Mario Venuti. Ma il suo nome è legato soprattutto al cantautore suo conterraneo Colapesce, per il quale ne ha realizzati numerosi, tra cui Maledetti italiani, Sospesi, Totale, oltre al recente Musica leggerissima – per il brano di Colapesce e Dimartino arrivato quarto a Sanremo – che ha superato i 20 milioni di visualizzazioni su Youtube.

Lo stile di Nicolosi è caratterizzato da un forte surrealismo (che sfocia nell’iperrealismo) e i suoi music video sono scanditi da una serie di quadri concatenati, pieni di associazioni, rimandi, citazioni, paradossi. I suoi promo, insomma, si inseriscono nella categoria del clip concettuale, acquistando un sapore poco italiano, ma internazionale, anzi siculo, anche perché Nicolosi e soci hanno saputo dimostrare che, pur all’interno del sistema musicale, è possibile creare una vera e propria factory lontano dal mondo discografico milanese, restando nella sua Sicilia, terra di forte creatività e di spettacolari location, che diventano spesso il fulcro di un immaginario molto colorato e, a tratti, straniante, ma profondamente mediterraneo.

Sei anche uno psichiatra oltre che videomaker…
Si, lo faccio part-time lavorando in una comunità terapeutica. Sono diventato medico seguendo le orme di mio padre, in realtà ho sempre avuto la passione per il cinema fin da piccolo, formandomi con i film di Spielberg, Zemeckis, Landis.

La tua professione medica ti aiuta nell’ideazione dei video musicali?
Nel caso di Musica leggerissima mi è servita, perché la canzone parla di depressione e quindi mi ha suggerito alcune immagini e situazioni. Ma la mia attività medica mi agevola soprattutto nel rapporto con i musicisti. Per carattere non sono molto paziente, ma con gli anni sono diventato più «democristiano», so cosa posso dire e non dire e come dirlo.

Come nasce l’idea di Ground’s Oranges e da chi è composto?
Quando sono tornato in Sicilia, dopo aver seguito un breve corso di cinema a Roma, ero già laureato e non volevo fare lo schiavo sui set per gli altri, quindi con mio fratello e altre persone ho creato questa piccola casa di produzione. Molti sono andati via nel 2013 sostituiti da altri, attualmente siamo cinque: il direttore della fotografia Jacopo «Gnomo» Saccà, Marco Riscica che fa da aiuto regia e da grafico, Dimitri Di Noto che si occupa della produzione, Riccardo Nicolosi che cura il comparto audio.

Il tuo incontro con Lorenzo Urciullo, alias Colapesce, come è avvenuto?
Dopo aver visto il clip Oggi come va? diretto per l’artista siracusano Paolo Mei, mi ha affidato le riprese del live Concerto disegnato e poi Maledetti italiani.

Un video davvero geniale, con una galleria di italiani famosi che muoiono metaforicamente.
Inizialmente Lorenzo aveva stilato una lista di personaggi con l’idea di farne tabula rasa. A me è venuto in mente di rendere protagonista di queste uccisioni allusive un bambino afro-italiano del mio paese, Paternò, che incarna il candore ma anche una nuova generazione di italiani figli di altre etnie.

Il clip non fu preso bene.
Gli analfabeti funzionali si sono indignati per l’offesa alla «razza italica» e questo ben prima dell’ascesa di Salvini, che tra l’altro neppure è inserito tra i personaggi. I più giovani invece hanno capito il senso del lavoro. Nessuna delle vittime si è lamentata, del resto abbiamo «ucciso» tutti, sia di destra che di sinistra, fregandocene del Politically correct. Al contrario Maometto a Milano, molto più rischioso poiché mostrava una coppia gay all’interno dell’Isis, non ha suscitato nessuna polemica.

Puoi descrivermi le fasi di realizzazione di un clip?
Scrivo un trattamento, lo propongo all’artista e alla casa discografica, se piace faccio una scaletta, poi prendo un programma di montaggio e sulla base della canzone strutturo il video inquadratura per inquadratura. Dei clip più complicati – per esempio Maometto a Milano e Musica leggerissima – facciamo anche lo storyboard. Per le riprese in media impieghiamo due giorni, con Gnomo che è formidabile a improvvisare sul momento. Una volta che abbiamo il girato faccio un premontato nel giro di qualche ora perché ho già tutto in testa. A quel punto, sulla base di una copia lavoro a bassa definizione, Gnomo sostituisce tutti i file proxy e facciamo insieme la color correction di ogni scena, lui dal punto di vista tecnico, io da quello artistico.

Bisogna dire che i video di Ground’s Oranges hanno uno stile molto riconoscibile.
È vero, ma ci piace anche cambiare genere cinematografico. L’altra guancia, girato in 4/3 bianco e nero, richiama Antonioni e Hitchcock. Sospesi attinge al thriller e al b-movie anni 70. Canadian Ranger per i Fitness Forever simula ambientazioni giapponesi. Spine di Maldestro rimanda al Germi di Divorzio all’italiana e Sedotta e abbandonata ma anche al Fulci di Non si sevizia un Paperino. Per il clip di Venuti ho invece usato il cinemascope rifacendomi a Pierrot le fou di Godard. E così via.

Insomma sei molto influenzato dall’immaginario cinematografico.
Si, inoltre c’è sempre una narrazione, anche laddove non sembra ci sia, come in Musica leggerissima.

Però spesso prevale una struttura di associazioni visive.
Beh si, per esempio Totale, che è un video random, dove abbiamo messo dentro un po’ di tutto, cose plausibili e no, proprio come avviene nella vita.

Prediligi i piani fissi e fai pochi movimenti di macchina, inclusa camera a mano.
Per ragioni di tempo e mancanza di mezzi tecnici. Camera a mano solo se giustificata dallo stile del video, comunque a me piace un cadrage molto pulito.

Parliamo di soldi. Quanto hai a disposizione di solito?
I budget sono irrisori, le case indipendenti non hanno risorse, del resto non c’è tax credit, né aiuti statali, né sponsor. Il minimo con cui ho girato a inizio carriera è stato 500 euro, il massimo 11.000. Diciamo che la media oscilla dai 3000 ai 5000. Con il budget di un clip straniero farei sbarcare pure gli elefanti in Sicilia.

Giri spesso al di fuori della tua terra?
Quasi mai, perché il punto di forza dei nostri lavori è rappresentato dall’ambientazione, dall’identità territoriale. I musicisti ci scelgono perché vogliono qualcosa di particolare, un po’ esotico. Se devono realizzare un video alla «milanese» non ha senso rivolgersi a noi.

In genere ti danno carta bianca?
Quasi sempre. Non so se a causa delle nostre idee seducenti oppure perché sono bravo a convincere o a farmi valere. I musicisti tendono ad affidarsi e comunque non ho mai girato video di cui non ero convinto al cento per cento. Prima ancora che gli artisti ad essere soddisfatti dobbiamo essere noi.

Il live de «I mortali» dimostra che il clip ormai ti sta stretto, stai pensando a un lungometraggio?
Ho già una sceneggiatura molto folle che farebbe incazzare parecchie persone.