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Grillo resiste sui due mandati. Letta gioca la carta dei sindaci

Grillo resiste sui due mandati. Letta gioca la carta dei sindaciGiuseppe Conte e Beppe Grillo – Ansa

Patadrag Gli ex alleati del campo largo sempre più divisi

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 28 luglio 2022

Beppe Grillo non molla il Movimento 5 Stelle e non fa un passo indietro sul limite dei due mandati. Così, la proposta di Giuseppe Conte di concedere almeno pochissime deroghe viene rispedita al mittente, con il fondatore (e proprietario del marchio pentastellato) che si sarebbe anche detto pronto a farsi da parte se l’ultimo principio cardine del M5S che fu venisse abbandonato o quantomeno affievolito.

CONTE NEGA: «Smentisco categoricamente tutte le indiscrezioni in merito a un aut aut di Grillo su questioni interne al M5S – fa sapere – Abbiamo di fronte una grande battaglia da combattere tutti insieme per il Paese, guardiamo uniti nella stessa direzione». Il leader assicura che si troverà il modo di valorizzare l’esperienza di chi ha già fatto due mandato ma non può dire che verranno ricandidati. Non si può permettere uno scontro del genere. Perché sarebbe l’ennesima frattura in tempi travagliati e perché ha bisogno che Grillo si impegni in prima persona nella campagna elettorale del M5S in solitaria, contro tutti in nome della difesa delle «conquiste» dei due governi che ha presieduto. Ancora ieri ha preso di mira lo schieramento che va componendosi attorno al Partito democratico. «Il campo largo va da Calenda che non esce da Ztl e salotti buoni a Brunetta che offende i lavoratori, a Renzi che raccoglie firme per smantellare i sostegno alla povertà», dice l’avvocato condividendo sui social il video di una lavoratrice in difficoltà per i bassi salari. «A questa generazione dobbiamo risposte, un piano che rafforzi quanto fatto dai miei governi», chiosa. Intanto, oggi annunceranno il loro passaggio ad Articolo 1 i due consiglieri comunali di Bologna Max Bugani e Marco Piazza.

I 5 STELLE hanno anche il problema di comporre le liste. Difficile che ci sia tempo per i diversi turni che compongono le parlamentarie, così come è difficile che si riescano a controllare i certificati penali di tutti gli aspiranti (compito che, peraltro, fino alla scorsa legislatura veniva svolto nelle stanze milanesi degli uffici della Casaleggio associati).

ALLA STRATEGIA delle liste stanno pensando anche al Nazareno. «Le prossime elezioni sono il tappone dolomitico tutto in salita – dice Enrico Letta – Per noi sono una sfida incredibile e incredibilmente affascinante, difficile, da affrontare con passione e scientificità. Nulla al caso. Dobbiamo scegliere le strategie per applicare la legge elettorale». L’idea di una campagna elettorale fortemente legata al territorio dovrebbe concretizzarsi in un massiccio impiego di sindaci, anche di comuni medio-piccoli. Dovrebbero essere inseriti nel pacchetto proporzionale, anche se non nei primi posti, in modo da spingerli a massimizzare il loro serbatoio locale di voti. Gli strateghi dem, infatti, considerano che la spinta determinante per conquistare i seggi in palio all’uninominale può arrivare soprattutto dalla rosa di nomi presente dal lato del proporzionale. Così è avvenuto al M5S alla scorsa legislatura, quando sono stati eletti in Parlamento persino candidati che poco prima del voto erano stati espulsi perché sprovvisti dei requisti richiesti dallo statuto.

LETTA DUE giorni fa aveva anche detto che agli alleati del Pd sarebbe stato chiesto di non mettere veti. Ma il campo largo che sta costruendo è diventato un percorso minato pieno di veti incrociati. Così, mentre Calenda decide cosa fare piazza i suoi punti programmatici scaccia-sinistre. E un pezzo di Sinistra italiana, il partito che farà una lista in tandem con Europa Verde, propone di abbandonare l’idea di unirsi al «patto repubblicano». «La grande coalizione che il Pd sta costruendo (da Toti, Gelmini, Brunetta, Calenda) non segna discontinuità e non si fa carico dei problemi del paese – scrive Si della Toscana – Sinistra italiana non può farne parte nemmeno provando a trovare giustificazioni su un presunto fronte contro le destre». La proposta è di unirsi al M5S e ai pezzi di Leu e che, al contrario dei dirigenti di Articolo 1, non vogliono andare col Pd e sostenere l’agenda Draghi. Conte sarebbe tentato: ha annunciato la corsa solitaria, non è convinto di un fronte comune con l’Unione popolare e De Magistris, ma non disdegnerebbe un accordo coi rossoverdi. A tal fine nei giorni scorsi ha incontrato Philippe Lamberts, co-presidente del gruppo Verdi-Ale al Parlamento europeo.

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