Alla fine della tornata elettorale, dopo le europee e i due turni delle elezioni comunali, Giuseppe Conte ha una sola certezza: per restare il leader del Movimento 5 Stelle deve investire tutto sulla costruzione dell’alleanza alternativa alla destra. Ciò accade a maggior ragione perché dopo il deludente risultato, i nostalgici delle origini (Raggi e Toninelli in primis) usano proprio la critica dello schema bipolare per picconare il vertice. Ieri è tornato ad esternare Beppe Grillo. Con la forma involuta che lo caratterizza da quando ha smesso di stare in prima linea, il fondatore ha ribadito la necessità di mantenere il tetto dei due mandati, ultimo feticcio identitario e oggetto di contesa nel dibattito interno. Succede però che i tempi del Grillo intoccabile siano finiti. E che la vicecapogruppo al Senato del M5S Alessandra Maiorino gli mandi a dire, senza tanti complimenti: «Grillo è patriarcale e paternalistico. Non tutti hanno la saggezza di comprendere quando il proprio tempo è concluso. Sembra uno di quei bambini che in spiaggia distruggono i castelli degli altri perché gelosi. Stesso livello di maturità».

«Siamo i pazzi che ci hanno provato per davvero, al punto da invocare la nostra fine una volta finito il lavoro», dice Grillo. Il fatto è che il lavoro non è finito. E dunque bisogna decidere come proseguire: se tornare al «né di destra né di sinistra» (e in questa fase appare dubbio che quello spazio politico esiste ancora) o se lavorare alla coalizione (con il cambiamento non da poco che Conte al momento non aspirerebbe a guidarla). In serata, da via Campo Marzio, trapelano le valutazioni dei ballottaggi che fanno capire come Conte voglia confermare la fiducia al fronte progressista: «Il riscontro emerso dai ballottaggi segna due dati inequivocabili – dicono – Da un lato si conferma l’allarmante dato dell’astensione, con poco più del 47% degli aventi voto che ha deciso di esprimersi, con uno scarto di oltre 15 punti rispetto all’affluenza del primo turno. D’altro canto, i cittadini premiano i progetti di intesa tra le forze di opposizione, frutto non di alchimie di palazzo ma di una convergenza che si va consolidando nelle aule parlamentari quanto nelle piazze». Dunque, è la conclusione, «pur nel rispetto delle diversità e differenti identità», «questo dato conforta e incita a continuare a lavorare per costruire l’alternativa al governo Meloni».