Politica

Grillo: «La linea la decidono gli iscritti. Chi non è d’accordo se ne può andare»

Grillo: «La linea la decidono gli iscritti. Chi non è d’accordo se ne può andare»Roberto Fico e Beppe Grillo – LaPresse

5 Stelle Il leader minaccia di non ricandidare i parlamentari dissidenti. Roberto Fico aveva criticato le sortite trumpiste diffuse dal blog

Pubblicato quasi 8 anni faEdizione del 25 gennaio 2017

I sondaggi vanno a gonfie vele proprio per via del gioco ubiquo «né di destra né di sinistra» dei programmi. Che però presenta molti rischi, perché la linea politica oscilla, crea scompiglio e le truppe dei portavoce in Parlamento rumoreggiano. Ecco allora che Beppe Grillo ne approfitta per dare un giro di vite ai meccanismi virtuali del M5S. Nella storia breve e intensa del Movimento queste svolte venivano marcate dall’intervento dell’uomo-macchina Gianroberto Casaleggio rinforzato dal peso specifico mediatico di Grillo.

Ora Gianroberto, uomo al quale si riconosceva l’autorevolezza dello stratega, non c’è più. E la sua autorevolezza viene sostituita dall’apparato digitale, presentato come anonimo e orizzontale. Nella fattispecie, si tratta del sistema operativo Rousseau. Il portale le cui chiavi sono in mano a Davide Casaleggio, Massimo Bugani e David Borrelli diventa una specie di feticcio della partecipazione, grazie al quale si chiedono passi indietro agli eletti.

«In soli 6 giorni di funzionamento di sharing su Rousseau sono stati caricati 493 atti dai nostri portavoce comunali e regionali. Un successo strepitoso. Era proprio questo che sognavamo e che sognava Gianroberto quando mi parlò per la prima volta di questa funzione», ha dichiarato dal blog di Grillo Bugani, membro dell’associazione Rousseau e consigliere comunale a Bologna, in un post dal titolo significativo: «Rousseau, il sogno di Gianroberto sta diventando realtà».

Uno considerato «ortodosso» (e non proprio in buoni rapporti con Luigi Di Maio), come Roberto Fico ha ad esempio criticato la linea filo-trumpista lanciata dal blog e seguita da diversi esponenti (non ultimo l’europarlamentare Ignazio Corrao, che ha bollato le manifestazioni contro il neopresidente come pregiudiziali attirandosi critiche su Twitter). E poi ci sono molti parlamentari (da Elisa Bulgarelli a Paola Nugnes, ma sarebbe in sofferenza anche il fidatissimo Nicola Morra) che muovono dubbi sulla democrazia interna e sulle scelte dei capi. In altri tempi si sarebbe arrivati all’espulsione, ma oltre al danno d’immagine i vertici temono i cavilli legali che dopo i tanti ricorsi degli espulsi fanno tremare l’architettura stessa del M5S. Creando situazioni paradossali: la settimana scorsa al convegno sul futuro del lavoro un attivista si è presentato alla platea di esperti e parlamentari come «espulso reintegrato».

Se non si può più epurare, ecco la minaccia ai dissidenti: «Non vi ricandideremo». Chi pensa di essersi giocato la conferma a Roma si sente libero di dissentire. Il veneto Federico D’Incà ieri osava l’eresia augurandosi un ritorno del sindaco di Parma Pizzarotti nel M5S. Ecco perché Grillo minaccia i parlamentari: «Chi non è d’accordo se ne può andare. Non si fanno sconti a nessuno». Poi il riferimento a Rousseau: «I portavoce hanno un compito ben definito: dedicarsi al compimento del programma votato da 9 milioni di italiani alle politiche. Il programma per le prossime elezioni, come nel 2013, non sarà definito dai parlamentari (che pure hanno il compito di proporre punti da mettere in votazione), ma dagli iscritti del M5S come sta avvenendo per il programma energia in votazione su Rousseau».

Il messaggio è chiaro, gli eletti devono limitarsi a eseguire: «Chi non sarà d’accordo con il programma definito dagli iscritti, potrà perseguire (se riuscirà a essere rieletto) il suo programma in un’altra forza politica».

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