Beppe Grillo che si mostra ai fotografi a braccetto con Giuseppe Conte: è l’ultima immagine della notte tra giovedì e venerdì, al culmine di una giornata di incontri, riunioni e conciliaboli tra legali per disincagliare il Movimento 5 Stelle dalle secche della cancellazione di regole e vertici. A mente fredda, e con le carte davanti, la scena che ritrae il fondatore e il leader sospeso sembra più una pensata comunicativa, un modo per rassicurare la base parlamentare in tumulto dopo ore di indecisione e (pare) un braccio di ferro tra i due volti del M5S.

I FATTI: Conte avrebbe convinto Grillo della possibilità di chiedere al giudici del tribunale di Napoli una revoca dell’ordinanza che ha sospeso (in attesa del giudizio) l’adozione dello statuto e la nomina del presidente del nuovo corso. Tutto poggerebbe, secondo la ricostruzione che trapela dal M5S, su un documento ripescato già da qualche giorno nella casella email dell’allora reggente Vito Crimi. Un messaggio di posta elettronica risalente al 2018, quando il capo politico era Luigi Di Maio, che contiene un verbale nel quale si sarebbe deciso che alle successive consultazioni online gli iscritti da meno di sei mesi non avrebbero potuto votare: sono i circa 80 mila indirizzi email ai quali non è mai arrivata la convocazione per il voto online.

È QUESTO il punto che viene contestato dai giudici di Napoli, al quale i legali dei 5 Stelle considerano di aver trovato rimedio. Ma se la richiesta motivazione della revoca si basasse esclusivamente su questo ritrovato «regolamento», andrebbe incontro ad alcuni problemi sostanziali. Il primo riguarda il codice di procedura civile, che prevede all’articolo 669 che il giudice possa «su istanza di parte modificare o revocare con ordinanza il provvedimento cautelare, se si verificano mutamenti nelle circostanze o se si allegano fatti anteriori di cui si è acquisita conoscenza successivamente al provvedimento cautelare». Per sottolineare che questa presa d’atto deve essere successiva alla decisione di cui si chiede la revoca, l’articolo del codice specifica anche che chi presenta l’istanza deve fornire la prova del momento in cui è venuto a sapere della circostanza che modifica i fatti in esame.

DUNQUE, IN QUESTA situazione gli avvocati del Movimento 5 Stelle dovrebbero sostenere che non erano loro stessi a conoscenza del «regolamento» del 2018 che loro stessi invocano. «Se i motivi dell’istanza di revoca sono questi – dice al manifesto l’avvocato Lorenzo Borrè, patrocinante degli iscritti che hanno fatto ricorso – Mi sembra proprio che non ci siano i presupposti indicati dal codice di procedura civile per l’annullamento dell’ordinanza collegiale». Peraltro, se il sopraggiunto regolamento venisse accolto dai giudici questo non sanerebbe un ulteriore elemento di irregolarità definito dall’ordinanza di sospensione della leadership di Conte: per l’elezione serviva la maggioranza assoluta degli iscritti, ai quali dunque si considerano anche le adesioni più recenti. E senza le quali la votazione non ha raggiunto il quorum richiesto.

MA SE ANCHE i magistrati dovessero accogliere l’istanza di revoca, questo provvedimento sarebbe a sua volta impugnabile. Il che lascia intendere che difficilmente la questione può essere sciolta prima di qualche settimana, a essere ottimisti. Come farà il M5S ad andare incontro alle prossime amministrative in questa situazione di incertezza? Questa è la domanda alla quale la generosa apparizione di Grillo accanto a Conte non fornisce una risposta. E da queste incertezze si aprono problemi politici non da poco. Difficile immaginare, solo per fare un esempio, che in queste condizioni si possano presentare le liste per le amministrative di primavera.

«MI USANO un po’ come condom per la protezione del M5S», ha detto Grillo l’altra sera. Ma il fondatore ha ben chiaro che nel caso in cui il tentativo proposto da Conte fallisse, allora tornerebbe davvero alla guida. Con la strada che Grillo avrebbe scelto fin da subito: si tornerebbe al voto su Rousseau per eleggere il nuovo comitato di garanzia che poi modificherebbe lo statuto. E solo al quel punto si voterebbe il nuovo presidente.