Politica

I grillini si stringono intorno al premier. Con il «traditore» Salvini non si torna

I grillini si stringono intorno al premier. Con il «traditore» Salvini non si torna

La resa dei conti Ma c’è chi teme trucchi in zona Cesarini per rialacciare con il Carroccio

Pubblicato circa 5 anni faEdizione del 20 agosto 2019

«La colpa della crisi è di Matteo Salvini, ma nell’attesa delle decisioni che prenderà il presidente Mattarella, il ruolo di Giuseppe Conte non è in discussione: ascolteremo le sue parole al senato». La crisi extraparlamentare è ancora al buio, ma Luigi Di Maio prova ad accendere qualche lumicino all’assemblea dei gruppi parlamentari del M5S. Il capo politico cerca di mettere alcuni paletti e si muove nel solco delle decisioni prese domenica nella casa al mare di Beppe Grillo: lì il gabinetto di guerra che si è costituito dall’apertura della crisi si è ritrovato davanti al fondatore e garante.

Il M5S ha bisogno di un nemico per sviluppare il suo discorso. Se fino a poco tempo fa questo era il Pd, il che implicava la chiusura del secondo forno e una cambiale in bianco in mano a Salvini, adesso l’attenzione si è spostata proprio sul leader leghista, via via battezzato come «traditore», «inaffidabile» e «approfittatore». Grillo sancisce il nuovo posizionamento divulgando un video col quale chiede conto ad un immaginario Umberto Bossi della slealtà di Salvini.

Questo è lo scenario che viene consegnato ai parlamentari. I quali per la gran parte riconoscono la difficoltà di riallacciare i rapporti con la Lega e cercano sbocchi per questa legislatura. «La gente non vuole votare di nuovo: bisogna individuare temi e lavorare su quelli», dice nel suo intervento Giorgio Trizzino, uno dei deputati più favorevoli ad un accordo col Pd. La narrazione del M5S come partito post-ideologico e pragmatico è un gancio verso l’intesa, è servita 18 mesi fa per sostenere il contratto di governo con la Lega e torna utile oggi che bisogna cercare nuove convergenze. Di Maio ci prova, enucleando tre priorità programmatiche: «Una svolta nelle politiche ambientali, il rifiuto di aumentare le tasse a partire dall’Iva e il la riduzione dei seggi e dei costi della politica».

Manlio Di Stefano, sottosegretario agli esteri fino a pochi giorni fa contrario a nuove maggioranze, adesso dice che «grazie all’innovativa formula del contratto si possono mischiare acqua e olio, come abbiamo dimostrato». Tutto sta nel capire cosa è l’acqua e cosa l’olio, questa volta.

Alcuni parlamentari, tra di essi il deputato Mario Giarrusso, chiedono che il gruppo ristretto che sta gestendo questa fase venga allargato. Altri rivendicano con maggiore forza il tema della democrazia interna e cercano di far pesare su Di Maio e i suoi gli errori del recente passato. Come il fatto che le assemblee dei parlamentari dell’ultimo anno non hanno mai preso decisioni chiare, sono servite più come sfogatoio.

Altri chiedono che la rottura con la Lega sia «definitiva», timorosi di qualche trucco in zona Cesarini. Ma è Riccardo Fraccaro, artefice della riforma taglia-parlamentari ad alzare le mani sulla possibilità che si possa riallacciare con Salvini e che la modifica costituzionale vada in porto: «Pensavo che la Lega fosse diversa da tutti gli altri partiti, evidentemente mi sbagliavo», ammette il ministro e braccio destro di Di Maio. Non ne è convinta Doriana Sarli, deputata critica anche in tempi non sospetti.

Per Sarli, proprio la riduzione dei seggi potrebbe condurre il M5S di nuovo verso la Lega. «Trovo una contraddizione in termini continuare a dire che voteremo il taglio dei parlamentari e al tempo stesso attaccare la Lega – ha spiegato ai suoi colleghi – Se ciò avvenisse e se le procedure dei prossimi giorni ci dovessero condurre a quel punto, avremmo di fatto una posizione comune con la Lega, ci troveremmo di fronte ad una maggioranza di fatto».

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