Internazionale

Greenwald: «Gli Usa vogliono il petrolio»

Greenwald: «Gli Usa vogliono il petrolio»Caracas, manifestazione antimperialista – Reuters

Venezuela Maduro schiera le portaerei in vista di un possibile attacco nordamericano

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 13 marzo 2015

Può un paese alleato degli stati che più calpestano i diritti umani fare la voce grossa contro il Venezuela e addirittura considerare il governo Maduro «una minaccia straordinaria alla sicurezza nazionale»? La domanda apre la riflessione del giornalista Glenn Greenwald, celebre per aver divulgato il grande scandalo delle intercettazioni illegali di produzione Usa, detto il Datagate. Greenwald ricorda che l’Arabia Saudita, uno degli alleati più stretti dell’amministrazione Obama, ha appena condannato «uno dei pochi attivisti indipendenti per i diritti umani» a 10 anni di carcere con l’accusa di «terrorismo». E arriva subito al punto: quella dei «diritti umani», dice, è un’arma usata dagli Usa per demonizzare cinicamente governi che si rifiutano di seguire i suoi dettami, mentre «regimi compiacenti» vengono applauditi anche quando si rendono responsabili delle peggiori nefandezze.

Il Venezuela – rileva Greenwald – custodisce le prime riserve di petrolio al mondo e le sue politiche redistributive, aliene ai dettami di Washington, «pietrificano le istituzioni neoliberiste per la loro capacità di fornire un esempio» com’è stato per Cuba. Anche il giornalista statunitense, Mark Weisbrot, in un articolo su al-Jazeera ha commentato le nuove sanzioni di Obama contro sette funzionari venezuelani e il discorso sulla «minaccia eccezionale» costituita dal Venezuela. Ha paragonato le affermazioni di Obama a quelle pronunciate dal presidente Ronald Reagan contro il Nicaragua nel 1985 con parole quasi identiche.
Contro il «pericolo rosso», vennero allora foraggiati i Contras a dispetto di tutti i «diritti umani», come ora si cerca di proteggere i golpisti, già amnistiati da Chavez, e tornati in servizio permanente effettivo. Negli organismi internazionali – tutti i paesi dell’emisfero tranne Usa e Canada che compongono la Celac hanno condannato le sanzioni – c’è grande attenzione verso Caracas. Nel paese si teme un’aggressione armata, fortemente sollecitata dalle destre oltranziste, che sono in giro per l’Europa con gran dispendio di mezzi, ma poca partecipazione. Dal Parlamento europeo hanno ottenuto un voto di condanna al Venezuela sempre per presunte violazioni ai diritti umani, ma non ancora sanzioni.

E, in Italia, appelli e prese di posizioni chiedono al ministro degli Esteri Paolo Gentiloni di ascoltare la voce del buon senso e quella dei famigliari delle vittime delle guarimbas, le violente trappole da strada messe in campo dai «pacifici» oppositori venezuelani. A Cuba, Gentiloni ha incontrato il suo omologo Bruno Rodriguez Parilla e si è augurato che il blocco economico contro Cuba, messo in atto dagli Usa, finisca. I due discuteranno anche di altre tematiche di politica estera regionale, e fra queste il processo di pace in Colombia, in corso all’Avana con la mediazione del Venezuela e anche della situazione critica esistente a Caracas. «Il Venezuela chiede agli Usa relazioni di rispetto e di pace», ha detto il vicepresidente venezuelano, Jorge Arreaza. Anche alcuni esponenti dell’opposizione moderata hanno espresso contrarietà alle sanzioni e criticato il loro campo per le modalità poco trasparenti in cui si stanno svolgendo le primarie della destra. E domani, le forze armate bolivariane faranno una grande dimostrazione militare per dire: «siamo un paese di pace, ma se ci attaccano, siamo pronti a difenderci».

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