Muroroa, chi? Credo che la maggior parte delle persone non abbia mai sentito nominare questo atollo del Pacifico, nella Polinesia francese, dove la Francia ha fatto esplodere, fra il 1966 e il 1996, circa 170 bombe atomiche e termonucleari, nell’aria e nel sottosuolo, anche dopo che le altre tre potenze nucleari avevano deciso, nel 1963, di sospendere i test nucleari nell’atmosfera.

NEL 1972, IN VISTA DI UN NUOVO TEST nell’atmosfera, un gruppo di giovani ambientalisti e pacifisti canadesi, alcuni quaccheri, andò con una barca al limite delle acque territoriali francesi, in una zona che sarebbe stata investita dalla ricaduta radioattiva della bomba, per impedire, con una manifestazione nonviolenta, tale esplosione. Gli stessi l’anno prima erano andati con una barca nelle isole Aleutine per impedire (con successo) uno dei test nucleari americani.

PER RIBADIRE IL CARATTERE ambientalista, «verde», e pacifista delle loro azioni si erano dati il nome di «Greenpeace»; da allora, in tutto il mondo, dove è stato necessario denunciare o intralciare, con manifestazioni nonviolente, le attività violente contro la natura e la vita, Greenpeace è stata presente con i suoi striscioni gialli, con le sue navi battezzate con i colori dell’arcobaleno. «Rainbow Warrior» era il nome di alcuni dei battelli usati da questi «guerrieri della pace» per le dimostrazioni pacifiste o contro la caccia alle balene o contro gli scarichi dei veleni nel mare.

QUESTE INIZIATIVE DAVANO FASTIDIO ai potenti interessi militari ed economici che non hanno esitato a denunciare e arrestare i manifestanti; addirittura nel 1985 una delle navi di Greenpeace, in procinto di partire per una protesta contro i test nucleari francesi nel Pacifico, è stata affondata e un attivista è stato ucciso dai servizi segreti francesi nel porto di Auckland, nella Nuova Zelanda.

NEL 1986 NACQUE A ROMA la sezione italiana dell’associazione. Greenpeace Italia ha opportunamente raccolto una storia delle sue principali iniziative in un bel volume illustrato di 191 pagine: Greenpeace. I guerrieri dell’arcobaleno in Italia. Sfida – Agisci – Protesta, (Argelato, editrice Minerva), curato da Ivan Novelli, storico attivista dell’associazione.

GLI ANNI OTTANTA DEL SECOLO SCORSO furono un periodo di vivaci lotte e contestazioni ambientali. I «guerrieri» di Greenpeace furono presenti nelle proteste nei vari luoghi italiani, in Lombardia, Piemonte, Puglia, contro i progetti di costruzione di centrali nucleari; i pericoli di tali centrali ebbero una drammatica conferma con l’esplosione e l’incendio della centrale di Chernobyl in Ucraina nel 1986, con formazione di una nube di polveri radioattive che si sparse nei cieli d’Europa. Tale incidente portò alla chiusura delle quattro centrali nucleari allora esistenti in Italia e alla fine dei programmi di costruzioni di altre centrali.

Restava da smaltire il materiale radioattivo ancora presente nelle centrali chiuse; il loro combustibile irraggiato veniva spedito in Inghilterra per estrarne il plutonio, «utile» per la costruzione di bombe atomiche. Per denunciare tale pericoloso traffico, nel 1988 nel porto di Anzio il battello Sirius di Greenpeace andò all’«arrembaggio» di una delle navi che traportavano il carico radioattivo, facendo così conoscere, con un vistoso gesto, una realtà che avrebbe dovuto restare segreta.

NEGLI STESSI ANNI OTTANTA fu scoperta la vasta contaminazione delle acque potabili da parte dell’erbicida atrazina e lo striscione giallo di Greenpeace sul camino della principale fabbrica di questo agente tossico ricordò dove nasceva l’agente che i cittadini avrebbero potuto ritrovare nell’acqua del proprio rubinetto; l’uso dell’atrazina fu poi vietato a riprova che la protesta non è una pittoresca iniziativa ma serve a migliorare la vita di ciascuno.

La rapida corsa all’industrializzazione aveva portato alla formazione di grandi quantità di rifiuti tossici che le industrie avevano smaltite per anni nel sottosuolo, con contaminazione delle acque sotterranee; quando le leggi si fecero più rigorose le organizzazioni criminali si offrirono di trasportare per nave tali rifiuti in qualche paese povero o addirittura di affondare tali navi nel Mediterraneo. Greenpeace, sempre attenta ai problemi del mare, fu in prima fila nella denuncia e protesta e contribuì a più rigorose norme sullo smaltimento dei rifiuti industriali tossici.

NEGLI STESSI ANNI FU SCOPERTO che i clorofluorocarburi Cfc, usati come fluidi per frigoriferi, condizionatori d’aria, spray e nella fabbricazione di manufatti di plastica, durante e dopo l’uso si liberano nell’atmosfera e distruggono lo strato di ozono stratosferico, quello che protegge la superficie terrestre dall’arrivo della radiazione ultravioletta solare dannosa per la vita. I militanti di Greenpeace, con una manifestazione nel 1992 davanti alla principale fabbrica di Cfc, contribuirono alle leggi italiane che vietarono l’uso di tali sostanze.

INTANTO STAVA CRESCENDO L’ATTENZIONE per il riscaldamento graduale del pianeta dovuto all’immissione nell’atmosfera di anidride carbonica e altri gas serra. Fra i principali responsabili dei conseguenti cambiamenti climatici c’è l’uso dei combustibili fossili e soprattutto del carbone nelle centrali termoelettriche che, in Italia, continuava (e continua tuttora !) nonostante le proteste. Anche in questo caso ricordiamo l’intervento degli attivisti di Greenpeace che stesero uno striscione giallo perfino sul camino della centrale di Porto Tolle (che solo ora ha abbandonato l’uso del carbone).

IL LIBRO DI GREENPEACE RACCONTA, con testimonianze dirette di alcuni protagonisti, le molte altre iniziative italiane e internazionali dell’associazione, specialmente in difesa del mare, la grande massa di acqua che copre i due terzi del pianeta, che è ricca di esseri viventi, ma anche che viene usata come discarica di rifiuti, spesso tossici, spesso indistruttibili come la plastica, o nel quale la pesca indiscriminata mette in pericolo la sopravvivenza delle catene alimentati.

Greenpeace ha ondotto e conduce efficaci battaglie contro la pesca con le reti pelagiche che distruggono la popolazione di pesce spada, e contro la caccia delle balene, la cui stessa sopravvivenza come specie è messa in pericolo da chi vuole venderne la carne o i fanoni o l’ambra grigia. Guerrieri arcobaleno per contrastare, nel nome della vita di tutti, l’avidità del profitto di pochi.