Green pass in mensa: «No a scelte unilaterali delle aziende»
Fiom, Fim e Uilm: «Non accettiamo disparità di trattamento» Forze armate e militari contro la norma: «Il vitto è un diritto»
Fiom, Fim e Uilm: «Non accettiamo disparità di trattamento» Forze armate e militari contro la norma: «Il vitto è un diritto»
Da domani scatta l’obbligo di green pass per accedere alla mensa degli stabilimenti Elettrolux in Italia, a verificare (attraverso l’app del ministero) sarà la società che gestisce il servizio. Chi non ha la carta verde potrà usufruire del servizio take away, all’esterno della mensa. I dipendenti sono invitati ad adottare «un consapevole comportamento che preveda una debita distanza e le altre forme precauzionali». L’introduzione della carta verde nelle mense aziendali attraverso una faq del governo, pubblicata sabato sera alla vigilia di ferragosto, prosegue senza alcuna certezza. Ogni sito produttivo si organizza in proprio, mentre i sindacati continuano a protestare.
STESSA STRATEGIA per Il gruppo Abb (20 siti produttivi, da nord a sud, nel settore delle tecnologie digitali): ingresso in mensa solo con carta verde, per gli altri un lunch box «da consumare conformemente alle norme sul distanziamento e secondo le disposizioni che l’azienda definirà nei diversi siti». Dalla Fiom Mirco Rota spiega: «Il coordinamento sindacale nazionale di Fim, Fiom e Uilm ha più volte chiesto all’azienda di definire un protocollo di norme utile a gestire la grave fase pandemica che ha colpito molti lavoratori, ricevendo un continuo rifiuto. La scelta sulla mensa è stata presa in assoluta autonomia da Abb prendendo a riferimento una faq che, come definito recentemente dalla giurisprudenza, non ha alcun valore giuridico». Per poi concludere: «Chiediamo che la decisione venga sospesa; vengano convocati i Comitati aziendali Covid per trovare soluzioni senza escludere il costante tracciamento attraverso i tamponi a carico dell’azienda, in linea con quanto previsto sul green pass».
ALL’ILVA DI TARANTO è tutto molto più complesso. Fino a ieri nessuno ha chiesto il pass ai dipendenti che, per altro, sono in servizio solo per metà tra cassa integrazione e ferie. La ditta che ha l’appalto, spiega la Uilm, «non ha ricevuto alcuna indicazione specifica da Acciaierie d’Italia». Nella cittadella ci sono due grandi mense e oltre un centinaio di refettori. Questi ultimi sono sugli impianti e vengono utilizzati dai lavoratori che non possono allontanarsi dal ciclo produttivo. Ai refettori la distribuzione dei pasti avviene su due turni: alle 11 e alle 18.
Se applicare l’obbligo di pass alle mense centrali non è complicato, nei refettori è più difficile perché sono tanti e diffusi ma, soprattutto, perché sono luoghi dove il personale riceve anche disposizioni operative: «Non c’è un uso esclusivo – spiega la Uilm -. E poi che senso avrebbe chiedere il pass solo a mensa quando migliaia di persone si spostano sui pullman aziendali dalle portinerie agli impianti o usano gli spogliatoi per cambiarsi?».
FIOM, FIM E UILM ieri sono intervenute con un comunicato: «Sulla base delle incerte disposizioni governative, alcune imprese stanno procedendo con iniziative unilaterali. Le mense sono tutelate dai contratti di lavoro; non accetteremo mai nessuna disparità di trattamento fra luoghi di lavoro e mense sulla scorta di una faq, che non ha valore legislativo». E ancora: «Chiediamo di convocare i comitati Covid in ogni azienda per trovare soluzioni che riducano al minimo i rischi. Il costante tracciamento attraverso i tamponi a carico delle aziende per i lavoratori garantisce il green pass. Abbiamo bisogno di soluzioni che non dividano i lavoratori. Il governo agisca prima che la situazione diventi incontrollabile». L’Usb: «Questa misura non entra nel merito della sicurezza, in aziende in cui ogni giorno si ritrovano fianco a fianco, nei reparti, centinaia di individui. Forti i dubbi sulla possibilità del datore di lavoro di venire a conoscenza di dati protetti sulla salute del dipendente».
SUL PIEDE DI GUERRA anche i sindacati delle forze di polizia: «Le occasioni di contatto, anche prolungato, ci sono soprattutto nei luoghi di lavoro (uffici, automezzi, unità navali, aeromobili), nelle camerate, negli alloggi di servizio e, non da ultimo, nei penitenziari sovraffollati». Per concludere: «Il pasto take way non può costituire una modalità abituale per soddisfare il diritto al vitto». E il Cocer: «Il green pass non è applicabile nel contesto militare. Le molteplici e diversificate attività operative della forza armata rendono ancora più complicata la gestione di operazioni già di per sé difficili e articolate».
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