Ieri la situazione nel nord-Kosovo era «calma». Ma lì – e in tutto il Kosovo ancora non riconosciuto come Stato indipendente da tanti Paesi europei e del mondo – a conclusione della guerra «umanitaria» Nato del 1999 la situazione non è mai stata calma. Ora la tensione è forte dopo i violenti scontri di venerdì tra polizia speciale di Pristina e serbi che protestano contro l’insediamento dei nuovi sindaci tutti albanesi nelle città a schiacciante maggioranza serba.

GLI SCONTRI SONO esplosi dopo che i cittadini serbi hanno tentato di impedire ai sindaci kosovari neoeletti alle elezioni locali del 23 aprile, boicottate dalla comunità serba, di insediarsi e accedere ai loro uffici. I Comuni serbi del nord erano senza sindaco dallo scorso novembre quando tutti i rappresentanti serbi nelle istituzioni del Kosovo si sono dimessi dagli incarichi per la crisi delle targhe, per la mancata creazione della Comunità delle municipalità serbe in Kosovo – come da accordi internazionali – e per la massiccia presenza al nord di unità della polizia speciale kosovaro albanese. Venerdì la polizia ha disperso le manifestazioni sparando gas lacrimogeni, minacciando con le armi spianate persone con le braccia alzate, diverse auto sono state incendiate e ci sono molti feriti. Pesanti le immagini di colonne di blindati kosovaro-albanesi in marcia verso le città serbe.

IN RISPOSTA AGLI SCONTRI, il presidente serbo Vucic ha messo l’esercito in «stato di massima allerta», ordinando l’invio «urgente» di truppe serbe al confine «amministrativo» con il Kosovo, e chiedendo anche alle truppe Kfor-Nato di stanza in Kosovo di proteggere i serbi kosovari dalla polizia, che intanto ha aumentato il numero di agenti sul posto «per aiutare i sindaci dei comuni settentrionali di Zvecan, Leposavic e Zubin Potok a esercitare il loro diritto» a insediarsi. I serbi del nord del Kosovo non riconoscono l’autorità dei nuovi sindaci, eletti in un’elezione in cui, a causa del boicottaggio serbo, l’affluenza alle urne è stata solo del 3%. Ora Belgrado accusa il governo di Pristina di avere iniziato «l’occupazione del nord-Kosovo» a maggioranza serba

FATTO SINGOLARE STAVOLTA, probabilmente all’ombra della guerra ucraina e per evitare un ruolo di «soccorso» da parte di Mosca, gli Stati uniti hanno condannato l’iniziativa di Pristina. «Condanniamo fermamente le azioni del governo del Kosovo – ha dichiarato il segretario di Stato Antony Blinken – che stanno intensificando le tensioni nel nord e aumentando l’instabilità. Chiediamo al primo ministro Albin Kurti di fermare immediatamente queste azioni e rifocalizzarsi sul dialogo facilitato dall’Ue».
Anche l’Ue, per bocca di Peter Stano, portavoce dell’Alto rappresentante Ue, Josep Borrell, prende posizione: «Come l’Ue ha costantemente affermato, le recenti elezioni suppletive nel nord del Kosovo non offrono una soluzione politica a lungo termine per i comuni coinvolti…». E si «schiera» pure la Nato: «Esortiamo le istituzioni del Kosovo a smorzare immediatamente le tensioni, serve il dialogo… Il contingente Nato Kfor rimane vigile e garantirà un ambiente sicuro». Ma l’ambiente resta atlanticamente insicuro.