Grandi manovre Nato sul mar Nero
Russia Nell’anniversario del passaggio della penisola a Putin, l’Alleanza mostra i muscoli, sul Baltico
Russia Nell’anniversario del passaggio della penisola a Putin, l’Alleanza mostra i muscoli, sul Baltico
Si fanno sempre più provocatorie le mosse aggressive di Mosca ai danni degli inermi membri dell’Alleanza atlantica, a un anno di distanza dalla proditoria annessione russa della Crimea e a poco più di una settimana dall’ennesimo omicidio politico perpetrato dal Cremlino.
Come non definire «provocatoria» la decisione di Mosca di far sorvegliare da propri caccia SU-30 e bombardieri SU-24 i «pacifici» movimenti dei vascelli da guerra Nato che, entrati nel mar Nero cinque giorni fa, hanno iniziato ieri manovre militari ad appena qualche decina di miglia dalle coste russe?
Zbigniew Brzezinski, ex consigliere per la sicurezza nazionale Usa, negli anni ’80 fautore dell’armamento dei mujaheddin afghani in funzione antisovietica e pochi giorni fa sostenitore della necessità dell’invio di truppe Usa in Estonia e Lettonia per «impedire il ripetersi di quanto avvenuto con la Crimea», avvallerebbe senz’altro una simile impostazione della questione, a prescindere dai fatti. I fatti: oltre 120 tra carri armati e mezzi blindati Usa sono stati sbarcati ieri in Lettonia, nel quadro della missione «Atlantic resolve». I fatti: per condurre manovre navali assieme a Bulgaria, Romania e Turchia, sono nel mar Nero l’incrociatore lanciamissili Usa «Vicksburg», le fregate lanciamissili canadesi «Fredericton», l’italiana «Aliseo», la turca «Turgutreis», la rumena «Regina Maria» e la bulgara «Drizki». Li accompagna la nave ausiliaria tedesca «Spessart».
«Le manovre ci permettono di prepararci a qualunque missione Nato che debba rendersi necessaria in relazione agli obblighi dell’alleanza sulla difesa collettiva» ha dichiarato domenica scorsa il comandante delle manovre, vice ammiraglio Usa Brad Williamson. Prepararsi a quale difesa e da chi, per delle navi da guerra che incroceranno sì in acque bulgare, ma esattamente di fronte alla base russa di Sevastopoli, in Crimea?
Si tratta di una dimostrazione di forza da parte di un’Alleanza atlantica, che di difensivo non ha nemmeno il nome? E la si programma, forse non a caso, nel primo anniversario del ritorno della Crimea alla Russia, sanzionato il 16 marzo di un anno fa da un referendum che vide il 96,6% dei votanti pronunciarsi a favore. Proprio di questo, delle mosse di Mosca in relazione alla Crimea, ha detto qualcosa Vladimir Putin. In un film che verrà trasmesso da «Rossija-1», il Presidente russo ha raccontato – il trailer è andato in onda domenica scorsa – di come, nel febbraio 2014, dopo le stragi di Majdan, il colpo di stato a Kiev e la destituzione di Viktor Janukovic, invitò «al Cremlino i dirigenti dei servizi speciali e del Ministero della difesa, ponendo loro il compito di salvare il presidente ucraino: lo avrebbero certo ucciso.
Ci preparammo a portarlo via per terra, mare e aria. Questo accadeva tra il 22 e il 23 febbraio. Accomiatandoci verso le 7 del mattino dissi: dobbiamo cominciare a lavorare per il ritorno della Crimea alla Russia». Già lo scorso dicembre Putin aveva detto che l’avvenimento, non riconosciuto a livello internazionale, «riveste un carattere speciale», perché fu proprio dalla Crimea che «i nostri antenati per la prima volta e per sempre presero coscienza di essere un solo popolo. È così che guardiamo a tutto ciò da ora e per sempre». Un mese prima, parlando dell’autodeterminazione della Crimea in un’intervista alla tedesca Ard, aveva detto «nulla di diverso da ciò che è stato fatto in Kosovo».
Ed è probabile che anche su tale argomento il defunto Boris Nemtsov, al pari di tutta la cosiddetta «opposizione antisistema», sostenesse posizioni più gradite a Kiev e all’occidente, che non al Cremlino. Ma le indagini sul suo assassinio, pur non tralasciando la pista internazionale, si accentrano sempre più sul movente religioso, per l’accostamento fatto da Nemtsov, all’epoca della strage di Parigi, tra Islam e inquisizione medievale.
Tra sabato e domenica sono stati arrestati ancora altri sospettati – un sesto si è fatto saltare in aria – dopo i ceceni Anzor Gubashev e Zaur Dadaev: tutti di origine caucasica.
Dell’ex vice comandante del battaglione del Ministero degli interni ceceno «Sever», Zaur Dadaev, l’unico per ora ad essersi dichiarato colpevole, il presidente ceceno Ramzan Kadyrov aveva detto domenica che lo conosceva «come un autentico patriota russo» e che lui «era rimasto scosso per i fatti di Charlie e per i sostegni alla pubblicazione delle caricature. In ogni caso, uccidendo una persona ha commesso un grave delitto; ma voglio ancora sottolineare che non avrebbe mai compiuto un passo contro la Russia».
Da parte sua, stando alla Bbc, Putin ha insignito Kadyrov dell’ordine «per successi nel lavoro, attiva sollecitudine sociale e lunga coscienziosa attività».
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