Visioni

Gran varietà per le irresistibili e sovversive She She Pop

Gran varietà per le irresistibili e sovversive She She PopScena da «Hexploitation» – foto di Dorothea Tuch

A teatro «Hexploitation», la nuova produzione del collettivo berlinese al Festival delle Colline Torinesi. Senza concessioni o ammiccamenti, uno spettacolo sulla menopausa

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 29 ottobre 2022

Fantastiche She She Pop! Questo gruppo di donne berlinesi fa da diversi anni teatro portando in scena la propria quotidianità: emozioni, desideri, umori, e soprattutto il pensiero che con cui si confrontano continuamente. Insomma la loro vita, privata, sociale, e quella fantastica sul palcoscenico, cui sono in grado di dare spettacolarità comunicativa per tutto il loro gruppo. Le She She Pop erano già venute in Italia, sempre al torinese Festival delle colline, che anche quest’anno le ha volute, facendosene anzi anche coproduttore. Ma le signore a loro volta, dopo averci raccontato in passato problemi, scelte e speranze di loro cittadine d’Europa, hanno compiuto cinquant’anni. Hanno deciso così di portare in scena questo momento delicato di tutte le donne, facendo un grande show attorno alla menopausa. Senza concessioni o facili ammiccamenti. Ma raccontandola così come si trovano a viverla da donne di spettacolo, che pure non hanno mai rifiutato affetti, legami, doveri e figliolanza.

Non hanno rinunciato ai loro rutilanti costumi, da gran varietà del passato, seppur sorretto da una cultura visiva in grado di pescare nei camerini del grande music hall.

NON HANNO RINUNCIATO ai loro rutilanti costumi, da gran varietà del passato, seppur sorretto da una cultura visiva in grado di pescare nei camerini del grande music hall. Ma sfidando anzi il senso comune del pudore (o dell’ipocrisia) in palcoscenico, mostrano perfino la propria nudità, oltre a tutte le saggezze e le birichinate che la maturità consente loro. Titolo generale della serata Hexploitation.

MITICO il loro punto di partenza drammaturgico: Bette Davis che si interroga davanti allo specchio in Che fine ha fatto Baby Jane, il film di Robert Aldrich del 1962 che grazie all’attrice e a Joan Crawford inaugurò al cinema un genere molto fruttuoso. Con molta autoironia la She She Pop partono da lì per il loro percorso all’apparenza anche delirante, ma che in realtà scopre lungo lo spettacolo saggezza e umanità, senza rinunciare mai con molta ironia alle caratteristiche del gran teatro, tra infanzia fasulla e orrenda vecchiaia: lustrini e scene madri, illusioni e consapevolezza. Come un grande show procede appunto il «nastro» del loro racconto, e le signore, con un unico attore maschile (ma c’è anche, nascosto, il tecnico del suono, che sfoggia solo ai ringraziamenti un abito da femme fatale) macinano inarrestabili il loro cabaret. Conoscono bene le regole del grande show, ma spesso decidono esse stesse di inciamparvi, per scoprire nuovi spunti da cui ripartire.
È un’esperienza la loro quasi inesistente da noi, lontana anni luce dai Legnanesi , che però del varietà conosce bene il linguaggio particolare, per comunicare condizioni e stati d’animo anche maledettamente scomodi. Una prova di maturità umana, prima ancora che spettacolare.

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