«Governo a tempo. Giusto il tempo di rifondare un Pd a sinistra»
Democrack Pietro Folena, Laboratorio: i nostri gruppi parlamentari sono solo una federazione di capi
Democrack Pietro Folena, Laboratorio: i nostri gruppi parlamentari sono solo una federazione di capi
Una «Costituente delle idee» per una «sinistra plurale». Domani a Roma, con l’iniziativa di sette associazioni (Lavoro&Welfare, Laboratorio Politico, Politica e Società, Cristiano Sociali, Bruno Buozzi, Ares e Benvenuti in Italia, partecipano Epifani, Bindi, Franceschini e Cuperlo) parte ufficialmente la “battaglia delle idee” per il congresso Pd. A occhio il linguaggio del confronto (lavoro, welfare, socialismo europeo) non è quello di Renzi. È invece vicino a Gianni Cuperlo uno degli organizzatori, Pietro Folena, suo predecessore alla guida della Fcgi degli anni ’80 e oggi fra i fondatori del Laboratorio Politico.
Folena, volete unire le diverse sinistre Pd che, fin qui, non hanno brillato per coesione?
Quest’iniziativa nasce dalla rottura del paradigma iperliberistico che ha dominato tutta la vita del Pd, in cui si è sempre parlato molto di chi comanda e poco di cosa siamo. Proponiamo di far precedere il congresso da una «costituente delle idee», in cui elettori e iscritti discutano su cosa deve essere il Pd, se un vago partito del centrosinistra, per i beni comuni o per un liberismo temperato. Contraddizioni che ci portiamo dietro da anni. Le associazioni che promuovono il confronto non sono correnti, ma hanno in comune l’idea di un programma di sinistra
Com’è possibile con una mano votare a congresso per un Pd più di sinistra e con l’altra vota i provvedimenti del governo con il Pdl?
È una contraddizione che chi è parlamentare sente bruciante. L’esito del governo è la sconfitta di un’ipotesi che non reggeva perché troppo tattica. La rifondazione strategica del Pd, se dev’essere un partito di trasformazione sociale o di galleggiamento sull’esistente, è un tema capitale. Ora il parlamento deve fare una nuova legge elettorale, affrontare alcune emergenze. Ma il tempo del governo deve essere limitato. In questo tempo bisogna dedicarsi al ripensamento del Pd e del centrosinistra.
Leader e candidato premier saranno distinti? E se finisse con un leader di simpatie socialiste e un premier ’liberalsocialista’?
Può succedere. Ma il partito non è solo l’anticamera per preparare la candidatura del premier. Il partito dev’essere sociale, si deve occupare della vita delle persone, organizzare rapporti profondi con la società, con la rete, con il mondo della conoscenza. Tutto dipenderà dalla qualità del segretario. Ma l’automatismo leader-candidato premier ha snaturato il Pd.
Insomma Renzi non può essere segretario?
Renzi ripercorre lo schema del Pd degli inizi. Ma è uno schema catastrofico, ha portato a questo esito. È un grande comunicatore, ma resta dentro il blairismo e ad alcuni principi del liberismo. Oggi serve una sinistra innovativa, che guarda a temi nuovi, fuori dalla tradizione del ’900, come i beni comuni. Serve una Bad Godesberg alla rovescia per liberarci dei dogmi liberisti che hanno segnato gli inizi del Pd. La sinistra, anche fuori dal Pd, deve sentire sua questa battaglia. Si gioca il futuro del centrosinistra italiano.
Renzi dice: se i gazebo per il leader non saranno aperti non mi candido.
In questa fase è giusto chiamare a una partecipazione larga. Ma nessuno è padrone di nulla. Io sono anche cittadino francese, alle primarie ho votato per Hollande, che ha vinto sulla segretaria Aubry: senza scandalo. Oggi serve la massima apertura: ma presto si dovrà ridare un senso a cosa vuol dire un partito, una comunità, un progetto di trasformazione. O se dobbiamo restare sostanzialmente un comitato elettorale.
Epifani si muove con grande considerazione per le correnti Pd. Sarà un buon garante?
Epifani si è assunto un compito difficile. Ma il pluralismo non è la sommatoria di gruppi e gruppetti. In segreteria ha scelto solo parlamentari, e la loro selezione dovrà essere diversa rispetto all’attuale confederazione di capi e capetti. Le parlamentarie sono state una grande apparenza di partecipazione, ma in sostanza il rovescio: un dominio ipercorrentizio escludente nei territori. Una parte della nostra sconfitta viene da lì. Ha spinto alla passività una parte dell’elettorato.
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