Gorgo, la patafisica nelle immagini
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Gorgo, la patafisica nelle immagini

Intervista Incontro a Parigi con l'artista del Collège de 'Pataphysique
Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 7 maggio 2022

La ‘Patafisica e «la scienza delle soluzioni immaginarie», introdotta da Alfred Jarry (1873-1907) nel suo libro Gesta e opinioni del dottor Faustroll, patafisico. Il Collège de ‘Pataphysique (l’apostrofo non è un refuso ma l’elisione del termine greco) , fondato a Parigi nel 1948, è tornato allo scoperto nel 2000 dopo 25 anni di occultamento. Al vertice del Collegio, come recita il suo statuto, c’è «un curatore inamovibile, situato nell’eternità», ovvero il dottor Faustroll. Un vice-curatore dirige le attività del Collegio. Nel 2014 il «Votante Unico» Fernando Arrabal ha nominato a quella carica «Sua Magnificenza» Tanya Peixoto, del London Institute of ‘Pataphysics e proprietaria a Londra della Bookartbookshop, libreria dedicata a opere originali e libri d’arte. Un ruolo particolare riveste nel Collegio il corpo dei «trascendenti satrapi», artisti tra i più originali e «sovversivi» che per statuto non hanno né compiti, né doveri, né funzioni, la loro esistenza è in sé rivelazione patafisica. Di questo corpo fanno parte, tra gli altri, Marcel Duchamp, Max Ernst, Boris Vian, Jacques Prévert, Raymond Queneau, Topor, Michel Leiris, René Clair, Jean Dubuffet, Man Ray, Enrico Baj, Eugene Ionesco, Umberto Eco, Dario Fo, i fratelli Marx, Jean Baudrillard.
Dirige Viridis Candela, la rivista del Collegio, Gorgo, artista che preferisce definirsi fabbricante d’immagini e manipolatore di pixels. Sono opera sua anche le illustrazioni che accompagnano il Calendario perpetuo patafisico, dove al posto dei santi si trova letteralmente di tutto.

In perfetto orario giunge all’appuntamento al bar Au Baron Rouge, dove è in corso una mostra di sue opere.

Recentemente hai fondato la «Societé des amis des Laids Arts» …
Nella formazione degli artisti in Francia l’Accademia di Belle Arti è generalmente un percorso obbligato. Io non l’ho fatto. Le «Beaux Arts» sono una cosa e le «Laids-Arts» ne sono un’altra. È un gioco di parole intraducibile in Italiano, «laid», brutto, è il contrario di «beau», bello. Ma «lézard« è la lucertola. Questa carta mi serve solo come biglietto da visita, ci sono i miei contatti dietro. È una società immaginaria, non esiste realmente.

Un po’ di biografia…
È un po’ complicato, dipende, se ci riferiamo o no allo stato civile. Le immagini che faccio sono firmate Gorgo, è lo pseudonimo che utilizzo, ma in verità Gorgo è un pappagallo che ha 20 anni più o meno, regolarmente iscritto al Collegio di ‘Patafisica. Firma le tessere dei membri e ha diverse funzioni. Ha scritto anche 2/3 articoli. È nato nel 2001, vive con noi. È un pappagallo grigio del Gabon, della famiglia dei Psittacidi, una specie protetta, ed è giunto a noi dalla valle della Loira, da un allevatore amatoriale che ha una sola coppia di riproduttori.

È maschio?
Sì.

Ha una famiglia?
No, qualche pappagalla di compagnia, ma soprattutto noi. È il nostro coinquilino, passeggia un po’, mangia qualche libro.

Gorgo non è il tuo nome quindi?
No, è il nome del mio pappagallo, che mi serve quando firmo delle immagini. Prendo tutte le precauzioni, mi ritiro dietro la sua figura. In caso di problemi bisogna rivolgersi a lui.

Posso conoscere il tuo vero nome?
Il mio nome anagrafico è Michel Monnier.

Ti firmi Gorgo Patagaïe
Patagaïe è pappagallo in tedesco, e Patagaïe è un papagallo patafisico. Io sono Michel, e nel Collegio sono amministratore. Con mia moglie Ursula ci occupiamo di tutta la logistica, le iscrizioni, la rivista.

Quando sei nato?
Patafisicamente?

No
Patafisicamente sono abbastanza giovane, intorno agli anni 90. All’anagrafe sono nato nel 1953 in un piccolo paese nella Mayenne, non lontano dalla città di nascita di Alfred Jarry. Jarry è nato a Laval ed io sono nato ad una ventina di km da Laval che è una piccola cittadina palindroma, si può leggere nei due sensi. Sono nato in un piccolissimo paese in provincia di Laval. Ho abitato a Laval prima di andare ad abitare a Parigi nel 1974.

Stavi in un appartamento o in campagna?
Nel paese dove sono nato era campagna e ci sono rimasto fino ai 10 anni. Poi ci siamo trasferiti a Laval che è una città media, in appartamento. E poi sono venuto a Parigi che è una città un po’ più propriamente detta. I miei avevano un piccolo albergo-ristorante in paese.
Subito dopo il mio arrivo a Parigi il Collegio di ‘Patafisica si è occultato. Dal 1975 al 2000. Nel frattempo mi sono sposato con Ursula e nel 1989 abbiamo aperto un ristorante che si chiamava La Candela Verde. In latino è Viridis Candela, il titolo della rivista e di una raccolta di scritti di Jarry. Abbiamo aperto durante l’occultamento del Collegio e abbiamo incontrato i membri del Collegio un po’ per caso, venivano nel nostro locale incuriositi dal nome. Si chiedevano come mai un posto potesse chiamarsi così. Durante l’occultamento c’erano banchetti patafisici abbastanza frequenti. Alla fine degli anni ’90 per preparare il disoccultamento c’era un banchetto ogni 3-4 mesi. Quindi siamo entrati a far parte del Cymbalum Pataphysicum, la struttura che permetteva allora di pubblicare la rivista, siamo diventati sotto-datari poi datari e poi amministratori. Abbiamo scalato tutti i gradini della gerarchia collegiale.

Dov’è questo ristorante?
Non esiste più, abbiamo chiuso nel 2012. Era al 40 rue d’Enghien nel 10° arrondissement, in una piccola via non lontano dal cinema Rex, non lontano dalla rue Jarry, vicino ai Grands Boulevards cantati da Yves Montand: «J’aime flâner sur les grands boulevards/Y’a tant de choses, tant de choses, tant de choses à voir…». Ora ha un altro nome, e non c’entra niente con quello che facevamo noi.

Eravate solo voi due?
Sì, io in cucina e Ursula in sala.

Hai fatto i tuoi studi a Parigi?
Non ho proprio fatto studi. Sono un analfabeta… cioè non proprio, non esageriamo. Ma non ho fatto le Belle Arti né altri studi superiori. Ho iniziato a dipingere quando ero piccolo. Sono completamente autodidatta. Era una occupazione e un piacere e voilà! Mi piace vedere cosa fanno gli altri, e fare meglio o altrettanto bene.

Quali sono gli artisti che ti hanno maggiormente ispirato?
Mi sono ispirato a lungo ai fumetti degli anni 70. In Francia c’erano tantissime riviste come Fluide Glacial, L’Écho des savane, Métal Hurlant che hanno posto il fumetto su altri binari rispetto a quelli della letteratura per l’infanzia. Il fumetto per adulti si è veramente sviluppato in Francia negli anni 70.

Hai conosciuto Jodorowsky?
Sì, era sceneggiatore di Moebius e membro del movimento Panique. È rimasto sempre abbastanza lontano dal Collegio, è amico di Arrabal. Dovevamo vedere Arrabal poco tempo fa, è piuttosto anziano, ma ha annullato la sua visita. Comunque mi sembra stia bene, spero per lui.

Questa non è la prima esposizione che fai…
No, ma in questo bar sì. Durante il periodo del ristorante non facevo granché, ho ripreso l’attività grafica nel 2012, quando ha chiuso. Nel 2018 ho proposto e coordinato una collettiva nella galleria Satellite che era interessata alla patafisica. Eravamo più di quaranta artisti, si chiamava Patatraces. Voltige è stata un‘altra collettiva che ho diretto, non mi ricordo l’anno esatto. Eravamo un piccolo gruppo di 6 più uno immaginario, quindi 7 in realtà. Qui espongo Les Polyèdres de Paris, una serie dove rappresento scene parigine con poliedri.

Sapevi che Gorgo era una regina spartana, moglie di Leonida I, il re che combatté e morì nella battaglia delle Termopili?
Sì, c’è anche un Gorgo in un film giapponese, una creatura mostruosa nello stile Godzilla.

Conosci un po’ dei fumetti italiani?
Conosco un po’ Guido Buzelli, Pratt, mi piace molto Altan.

Nel 2020 Thieri Foulc, Provéditeur-Éditeur Général del Collegio, ha lasciato questa Terra, che ne è del suo grande archivio?
Gli archivi probabilmente sono stati trasferiti nella Biblioteca di Reims che possiede un fondo di patafisica molto importante. Reims è la capitale dello champagne ma anche della patafisica. È meno conosciuta in quanto tale.

Che ruolo hai nella rivista?
Ci occupiamo di tutta l’amministrazione. Ogni tanto scrivo degli articoli. Li firmiamo Michel e Ursula Monnier quando riguardano il nostro ruolo di amministratori. Oppure Gorgo Patagaïe come nell’ultimo numero per un articolo sul restauro di un quadro immaginario intitolato Nativité de l’Archeoptéryx.

Nel 1997 fu nominato vice-curatore Lutembi, un coccodrillo che viveva sulle rive del lago Vittoria. Lutembi comunicava scrivendo sulla sabbia, il pappagallo Gorgo come si esprime?
Io gli servo d’assistente. Parla poco ma riflette molto. Non è un pappagallo molto loquace ma è una sorgente d’ispirazione reciproca.

È telepatia?
Non è escluso. Con Gorgo è un mutuo aiuto. Ci scambiamo. Non sappiamo più bene chi fa cosa. E una ripartizione delle mansioni e va piuttosto bene. Non bisogna chiedersi troppe cose su come funziona.

Che ricordi del maggio ‘68?
Ero un po’ giovane ma è stato il mio risveglio alla politica. Soprattutto dopo. Durante maggio ‘68 guardavo a qualcosa che mi stupiva molto. Anche nella mia Laval che era una piccola cittadina, c’erano manifestazioni e gente che si esprimeva. Avevo 15 anni all’epoca. I giovani di 15 anni oggi sono forse più maturi. Ma per me è stato comunque un risveglio alla politica. Già dal 1969 ero in sintonia con quello che facevano i giovani all’epoca, ossia una contestazione febbrile e molto idealista.

Come vivi questa pandemia da covid?
Oggi ognuno prende delle posizioni e s’improvvisa epidemiologo… io osservo, prendo qualche precauzione nella misura del possibile, mi vaccino, faccio i test, evito di contagiare mio padre di 95 anni, cose così. Non do lezioni a nessuno in quanto il patafisico non da lezioni ma osserva imperturbabilmente il corso del mondo, ed è quello che faccio, con precauzioni e senza preoccupazione esagerata. Aspetto che la situazione migliori. Andrà meglio, no?

Pensi che i politici di Francia, dell’Europa, stiano facendo bene?
Penso che fanno quello che possono e onestamente non vorrei stare a loro posto. Trovo che non facciano molto bene, ma dire che fanno sempre molto male mi pare presuntuoso. Preferisco essere prudente e aspettare che vada meglio. Penso che nessuna abbia la soluzione. Certo a posteriori è molto più facile dire «Ah sarebbe stato meglio fare così o cosà». Deploro alcune misure, come in questo bar dove di solito l’80% delle persone stavano in piedi e ora invece dobbiamo stare seduti. Hanno dovuto trovare delle soluzioni di ripiego in maniera pragmatica. Personalmente faccio un po’ la stessa cosa.

Come sei arrivato a fare l’esposizione qui?
Questo bar lo conosco da tantissimo tempo, esiste dal primo maggio 1979. Io sono arrivato a Parigi nel 1974 e proprio in questo quartiere. È un bar molto particolare. Non è una galleria ma i muri sono prestati a degli artisti per un mese. Basta iscriversi.

I proprietari sono sempre gli stessi?
No, che io sappia sono cambiati tre volte. Claude che lavora qui è qui dall’origine. Quando avevamo il ristorante La Candela Verde una parte del vino veniva da questo bar.

Sogni di notte?
Sì ma sono sogni molto pacifici, e quando ho degli incubi non sono molto spaventosi. Non sono qualcuno di torturato, non sono un artista maledetto. Tutto va bene.

Sono importanti per la tua attività?
Sì perché a volte mi sveglio e prendo nota di un’immagine che poi vado a realizzare, o sono idee che riutilizzo. E un po’ nella continuità della riflessione. Se sogno qualcosa che mi porta la soluzione di un problema del giorno prima, vuol dire che ci ho pensato il giorno prima. Non penso che sia il sogno in sé a portarmi la soluzione ma il fatto che sia in continuità con una riflessione
Per le mie immagini posso citare come referenza Christian Zeimert. Era un pittore che si esaltava nei calembour. Un patafisico che rappresentava delle scene partendo da giochi di parole. In Francia si trovano spesso monumenti ai morti, in riferimento alla prima guerra mondiale. Monumenti che sono un’esaltazione della guerra o comunque abbastanza militaristi. Lui ha fatto un monumento Agli ubriachi morti per la Francia. Usava diversioni semantiche del genere.

Esiste questo monumento?
Ha fatto una tela che rappresenta questo monumento, dove si vedono dei soldati che tengono delle bottiglie in mano e si ubriacano a più non posso. Ha anche rappresentato al Palais Royal un Padre Ubu, che ci riporta direttamente alla ‘Patafisica, chiamandolo Ubu Reine invece di Ubu Roi. Usava giochi di parole molto approssimativi e chissà anche di cattivo gusto, per farne delle rappresentazioni visive molto curate, molto serie. A volte mi ispira molto. Anch’io utilizzo giochi di parole, non indietreggio di fronte a un cattivo gioco di parole. Per esempio per questa illustrazione, che potrebbe essere considerato un detournement di un album di Tintin al Congo, io ho fatto Titine alle Congas.

Il Collegio di ‘Patafisica osserva e non giudica, ma è sempre stato contro la guerra, e contro tante altre cose…
Di certo il Collegio non fa proselitismo. Non vuole convincere nessuno della propria posizione, è una società di ricerca sapiente e inutile, e non cerca di portare delle soluzioni a come va il mondo. Osserva il mondo, non si propone come i partiti politici che offrono soluzioni affinché il mondo vada bene secondo il loro punto di vista. O come fanno anche certe associazioni non politiche che pretendono di avere la soluzione per migliorare la società. Il Collegio di ‘Patafisica non considera proprio questo tipo di approccio, non è un movimento politico che cerca di intervenire nella vita pubblica.

Anche se ci sono dei patafisici che fanno politica, che sono stati sindaci di piccoli paesi o che hanno provato ad essere rappresentanti di più grosse comunità.
Ognuno può fare ciò che gli conviene ma non c’è una dottrina politica in seno al Collegio.Il Collegio si occupa di patafisica che è già molto, e di osservare il mondo che è un bellissimo spettacolo anche se a volte è disperante.

A che stai lavorando?
Dopo Les Polyèdres de Paris dovrebbe venir pubblicata una serie sulle verdure dall’Ouvroir de Politique Potentiel. È un Ouvroir (officina ndr) fondato sul modello dell’Oulipo (Ouvroir de Littérature Potentielle) che si occupa di politica. La serie delle verdure è una riflessione sul greenwashing. L’idea è prendere slogan politici tipo «Le pouvoir est au bout du fusil» e con lo stesso metodo di Zeimert e i suoi cattivi giochi di parole, cerco un assonanza con dei nomi di verdura, tipo «le pouvoir est au bout du persil» (prezzemolo ndr). Oppure c’era un manifesto per la campagna di Mitterand che diceva «La forza tranquilla» e io ne ho fatto un illustrazione intitolata «La carota tranquilla».

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