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«Goodbye Julia», le due anime del Sudan al ritmo dell’amicizia femminile

«Goodbye Julia», le due anime del Sudan al ritmo dell’amicizia femminileEiman Yousif e Siran Riak in «Goodbye Julia»

Al cinema L'esordio di Mohamed Kordofani, già premiato al festival di Cannes. La separazione tra il Nord e il Sud del Paese nella storia di due donne divise dalla cultura e dalla religione

Pubblicato 2 giorni faEdizione del 24 ottobre 2024

Quella del Sudan è una guerra silenziosa: se ne parla poco, ma secondo le Nazioni unite le vittime sono oltre ventimila, con circa 12 milioni di persone costrette a lasciare la propria casa (Medici senza frontiere la definisce la più grande crisi di sfollamento a livello mondiale). Gli scontri tra le forze armate governative e i paramilitari Rsf sono esplosi nell’aprile del 2023. Pochi giorni dopo veniva presentato a Cannes Goodbye Julia di Mohamed Kordofani, il primo film sudanese mai proiettato al festival – dove fu premiato con il Prix de la Liberté – da oggi in programmazione nelle sale italiane.

Il film è ambientato agli inizi degli anni duemila, sulla soglia di un altro momento decisivo per il Paese, lo scontro tra il Nord e il Sud che ha portato alla fine alla separazione. Due stati, due culture, due anime: quella musulmana araba da una parte e quella cristiana africana dall’altra. In Goodbye Julia sono rappresentate da due donne, Mona (Eiman Yousif) e Julia (Siran Riak), che si scoprono a vicenda quando la prima assume la seconda come domestica – per un senso di colpa di cui alla fine Julia scoprirà la causa.

L’EVOLUZIONE psicologica di Mona è senz’altro l’aspetto più interessante del film. La donna, borghese benestante, vive secondo i dettami della religione e seppur «regina» della casa, è sottomessa ad un marito che le ha imposto di rinunciare alla sua grande passione, cantare.
Julia è povera, abituata a subire la discriminazione, a vivere in bidonville e a fare lavori di fortuna. Ma è indubbio che abbia una maggiore capacità di esprimere sentimenti e ricambiarli, e di apprezzare le gioie della vita nel suo complesso. Il fatto che Julia venga ritratta in questo modo, come una fonte di speranza, da parte di un regista arabo di Khartum non è affatto scontato. «I personaggi rispecchiano me stesso in diverse fasi della vita, sono un’altra persona rispetto a quella di vent’anni fa e queste trasformazioni progressive mi sembravano un soggetto interessante su cui scrivere» ci raccontava Kordofani a Cannes. Goodbye Julia, insomma, condensa sullo schermo un percorso di consapevolezza da parte di un autore che ha preso le distanze dalla mentalità della propria società, dove discriminare i sudanesi africani rappresenta la normalità. Un capovolgimento che prende la forma di un rapporto di amicizia tra le due donne, entrambe alla ricerca di una possibile strada per rendere la vita degna di essere vissuta mentre, sullo sfondo, il Sud va al voto scegliendo infine l’indipendenza. Se da una parte, quindi, le due donne riescono a riconoscersi pur nelle differenze, dall’altra le due anime del Sudan si sono invece separate nella realtà storica.

LA DENSITÀ emotiva e la rilevanza politica fanno passare in secondo piano una certa scolasticità della regia (a cui però si abbina una bellissima palette di colori caldi). Goodbye Julia è d’altronde il primo film di Kordofani, che ha un passato come ingegnere aeronautico; lo ha realizzato creando da zero un gruppo di lavoro in un Paese dove non esiste alcuna industria cinematografica. «Dopo la rivoluzione ho deciso di tornare e diventare regista fondando la mia casa di produzione con un gruppo di giovani pieni di energia che aspettavano solo un contesto in cui lavorare, non avevano esperienza ma erano molto appassionati» raccontava ancora Kordofani. Il quale è stato piuttosto innovativo anche nel casting: le due protagoniste, una modella e l’altra cantante, le ha infatti reclutate dopo averle «scovate» sui social network.

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