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Godard, una filmografia in rivolta permanente: fuoco, ceneri, rinascite

Godard, una filmografia in rivolta permanente: fuoco, ceneri, rinascite

La filmografia Dalla Nouvelle Vague a Moravia, da Alphaville agli ultimi esperimenti: una metamorfosi senza fine

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 17 settembre 2022

Il 13 settembre di quest’anno, in Svizzera (a Rolle), è morto Jean-Luc Godard, usufruendo (pare) del suicidio assistito. Era nato nel 1930, a Parigi, da una famiglia svizzera molto benestante che discendeva addirittura, sul lato materno, da una dinastia di banchieri. 

Assieme a molti altri registi, dopo un inizio come critico sulla rivista “Cahiers du Cinéma”, diretta da A. Bazin, contribuì a fondare il cinema della Nouvelle Vague, con un radicale svecchiamento del cinema francese,  il sovvertimento delle regole narrative fino allora in auge e l’utilizzo di nuovi attori e attrici ( J.-P. Belmondo, Jean Seberg, Anna Karina, Jean-Pierre Léaud, Anne Wyazemsky, Claude Brasseur, ecc.) al posto dei soliti mostri sacri. Con Godard e gli altri registi della Nouvelle Vague, la macchina da presa assume un’agilità inconsueta, quella d’una sorta di super-occhio, in grado di aggirare ostacoli , mostrare l’interiorità e privilegiare in ogni caso il piano-sequenza, a cominciare da A bout de souffle (1960), cui hanno fatto seguito: Le petit soldat (1960), Une femme est une femme (1961), Vivre sa vie (1962), Le Mépris (1963), Bande à part (1964), Una donna sposata (1964), Agente Lemmy Caution: missione Alphaville (1965), Il bandito delle 11 (Pierrot le fou) (1965).

A mio personale parere, Il disprezzo, tratto dal romanzo di Moravia, segna il culmine artistico di questo primo periodo, malgrado il fatto che la presenza di Brigitte Bardot e i suoi nudi fossero imposti dalla produzione (Carlo Ponti). Si rispecchia, nel film, il difficile rapporto regista-produttore, effettivamente verificatosi sul set. Il produttore (Jack Palance) contatta Michel Piccoli per rivedere la sceneggiatura dell’Odissea che sta girando Fritz Lang, considerata senza sbocchi commerciali; ma nasce un amore tra il produttore stesso e la moglie di Piccoli, un amore che si sviluppa lungo le scalinate e il terrazzo della villa Malaparte a Capri, un amore che Piccoli in parte accetta (per interesse), in parte no, mentre a sua volta corteggia Gorgia Moll, segretaria/vittima del produttore.

Intanto Lang gira. Gli Dei che man mano Ulisse incontra, non sono che busti in gesso, in finto marmo, ma hanno occhi di brace, rossi o blu, capaci di incenerire l’incauto che troppo a lungo li fissa- nonché, a distanza, coloro che pensano di essere sfuggiti. 

La vecchiaia, la stanchezza, la morte. Ma Godard ha mille vite, è pronto a nuove avventure. L’impegno politico, il gruppo Dziga Vertov, con J.-P.  Gorin, il sodalizio con Annemarie Melville. Jack Palance buttava in aria le bobine, si esercitava con esse al lancio del disco, ma questo non voleva dire che il cinema fosse finito. Anzi. Godard si dedica a un’ostinata ricerca sui nuovi media, che produce inedite combinazioni di parole e immagini. Citiamo, tra gli altri: Numéro deux (1975)

Ici et ailleurs (1976)Comment ça va? (1978)

Si salvi chi può (la vita) (1980), Prénom Carmen (1983), Je vous salue, Marie (1985), Cura la tua destra… (Soigne ta droite) (1987), King Lear (1987), Nouvelle vague (1990), Germania nove zero (Allemagne 90 neuf zéro) (1991), ispirato a Rossellini, Ahimè! (Hélas pour moi) (1993), For Ever Mozart (1996), Éloge de l’amour (2001), Notre Musique (2004), Film socialisme (2010), Le livre d’image (2018). Nel 1998, dal laboratorio svizzero di Godard, escono le Historie(s) du cinéma, compendio di storie del cinema e storie d’una vita, del cinema come vita e della vita come cinema.

La parata delle immagini può oscillare tra Museo e Archivio, ma è piuttosto assimilabile al Castello degli Spettri, ricco di specchi senza cornice, nei quali le apparizioni fluttuano senza posa. Noi crediamo di poter comandare le apparizioni, ma esse ci sfuggono di mano, ci assalgono, si associano liberamente, in maniera incongrua, si mescolano alle parole, ai suoni, alla musica, alle scritte. Cambiano luce, cambiano colori. Le immagini in movimento tendono a bloccarsi, quelle fisse della pittura, per esempio, si mettono in moto. Le mute parlano, le parlanti ammutoliscono. Le immagini sono immortali, ma solo se riguardano i mai morti.

                       

                

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