JAZZ ITALIA
Raffinato
interplay

Il piano di Michele Di Toro, il basso sontuoso del russo Yuri Goloubev e la chitarra del norvegese Hans Mathisen in Trionomics (evoluzione del precedente progetto a duo Di Toro-Goloubev): interplay cameristico raffinato, nel disco Caligola, quasi onirico nella sua consistente leggerezza evansiana, in dieci tracce fatate registrate alla Sala dell’Ermellino di Milano. La formula timbrica, a ben vedere, è la stessa di certi gruppi di Lennie Tristano, e l’impronta «cool» c’è tutta. Ludovico Carmenati col suo Ensemble in Songs and Tune (Notami) propone sequenze originali dense, avvolgenti e subito comunicative. Tutto composto, arrangiato e suonato da Carmenati col suo tentet senza tastiere, con flauti, ottoni, ance. Palpitante registrazione dal vivo a La Tenda di Modena per il giovane Syntax Quartet di Spazioniricocollettivo (Splasch), una parola per riassumerne tre per una formazione elettroacustica nervosa e preparata dagli avvincenti giochi contrappuntistici che si avvale delle unghiate assertive e intelligenti di Achille Succi. (Guido Festinese)

NEOCLASSICA
Nessuna novità,
grandi novità

Alcuni anni fa fummo stregati da un nuovo approccio sonoro, che poi era tutt’altro che nuovo, e che fu ribattezzato neoclassico. Artisti di scuola «dotta» che cercavano un collegamento tra il mondo classico, appunto, e quello moderno. Tutto molto bello e affascinante fino a che il modus operandi non ha cominciato a mostrare cenni di cedimento e di reiterazione, quasi una coazione a ripetere. A quel punto c’è stato qualcuno che ha provato altre vie, inserendo magari elementi elettronici, e chi invece è rimasto «fedele alla linea», facendo venir meno l’interesse di chi aveva apprezzato quella «novità non novità». Per fortuna però ci sono artisti come Nils Frahm, la cui capacità compositiva supera il problema, come dimostra Day (Leiter/Audioglobe), sei brani per solo piano di altissimo livello. Poi c’è chi, come la violinista Laura Masotto che in The Spirit of Things (7K!) unisce classica, elettronica, ambient e sperimentazione in modo esemplare. Meno accattivante, infine, il debutto del violoncellista Antonio Cortesi, A Delicate Revolution (Autoprod.), tra neoclassica e ambient ma alla lunga troppo ripetitivo. (Roberto Peciola)

AMBIENT
Scenari
entusiasmanti

La sintesi è un dono raro e quando è presente, apre scenari entusiasmanti. Esempio eclatante ne è il nuovo Traces 10′ + Book (Aagoo) di Filax Staël, al secolo il musicista e visual artist olandese Bas Mantel. Si tratta di un progetto audiovisivo spregiudicato, che in poco meno di ventisette minuti presenta ventiquattro tracce collegate a un libro illustrato di cinquantadue pagine da usare come percorso visivo delle registrazioni audio. Tra frammenti sonori di varia provenienza, rumorismo e impulsi electro ben amalgamati, scegliamo Blue Dances, Gradient I e 1433 Operates. Nuova uscita per l’israeliano Ran Slavin che in Oolong: Ambient Works (Mille Plateaux), crea toni morbidi e rilassanti liberamente ispirati all’Oriente. Suoni dilatati e solari per oltre settanta minuti, che raggiungono il vertice con Time Regained e Grand Jasmin. Stessa label per Ayjay Nils con l’extended play Microdosing composto da sei brani lunghi circa quindici minuti, che appaiono bozze di idee. Tra queste merita attenzione Birds. (Gianluca Diana)

POP ITALIA
Il mondo
interiore

Voci al femminile in pop music di alta qualità: attenzione alla ricerca sonora e ai tanti problemi del sé e dell’essere. Detto questo Aleph (La Stanza Nascosta) di Pamela Guglielmetti è un «diorama in divenire di infiniti, vertiginosi spettacoli; un’opera aperta, proteiforme e volutamente irrisolta»; sperimentale, rispetto ai lavori precedenti il disco si apprezza per il naturale intimismo compositivo che tra voce e pianoforte, si arricchisce di archi, sintetizzatori e sezione ritmica. Anche La festa che non c’era (autoprodotto) di Marta De Lluvia offre quadri lirici di rara bellezza, con un mondo interiore quasi animato da lunghe sequenze cinematografiche in un crocevia sentimentale tra le gioie e i dolori della fragilità umana intesa però quale attiva risorsa per chiedere ascolto, amore e partecipazione. Infine Ibrido (Lo Stato dell’Arte) della palermitana Bruna è una raccolta di temi come i ricordi, il passare del tempo e le maschere sociali, quasi un concept album di una creatura del passato che torna a vivere tra noi, nel canto di una donna ormai adulta che non dimentica il tempo dell’infanzia. (Guido Michelone)

LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico

ALTERNATIVE
Misticismi
notturni

ERIKA ANGELL
THE OBSESSION WITH HER VOICE (Constellation)

**** Oltre i Thus Owls, la cantantautrice svedese residente a Montréal, Canada, inanella un episodio davvero significativo della sua carriera. La voce evocata nel titolo viene usata passando dal canto melodico allo spoken word, fino a sperimentazioni ardite e coraggiose. Musicalmente parlando si naviga tra l’enfasi di un quartetto d’archi, la trance agonistica degna del jazz di marca AACM e un’elettronica eterea. Numerose sono le tracce in evidenza ma il capolavoro arriva con il misticimo notturno raffigurato in Let Your Head Down. (gianluca diana)

 

ALT ROCK
Una strategia
molto diversa

ELBOW
AUDIO VERTIGO (Polydor/Universal)

**** Ricordate quando, a inizi Duemila, si parlava di questa nuova band in arrivo da Manchester come della «next big thing» dell’indie rock pop British? Da allora ne è passato di tempo e gli Elbow si sono a più riprese dimostrati una grande band. Ora con Audio Vertigo cambiano strategia e pubblicano il loro album più «movimentato» e «spensierato». Nel presentarlo Guy Garvey fa i nomi di talmente tanti artisti che si fa fatica a prenderlo sul serio (Beastie Boys, Tom Waits, Sly Stone, Hendrix, QOTSA…). Il risultato però dimostra, ancora una volta, che siamo di fronte a una dei migliori gruppi degli ultimi 30 anni. (roberto peciola)

 

AVANT JAZZ
La prima
volta

JEFF LEDERER WITH MARY LAROSE
SCHOENBERG ON THE BEACH (Little Music)

**** Forse è la prima volta in cui brani classici della dodecafonia – non solo Arnold Schoenberg, ma anche l’allievo prediletto Anton Webern, il più radicale e avvenirista – vengono fatti propri da un jazz sperimentale che afferma la propria vocazione a rileggere il Novecento; si perlustrano i rapporti fra le diverse modalità di organizzare i suoni: ne fuoriesce un disco al contempo difficile e comunicativo, ma affascinante grazie all’inconsueto amalgama dell’ensemble (voce, clarinetto, cello, vibrafono, contrabbasso, batteria). (guido michelone)

 

AMBIENT/2
Paesaggi
multimediali

MUDDERSTEN
TRIPLE MUSIC (Sofa)

**** Terzo episodio per la formazione composta da Håvard Volden, Henrik Olsson e Martin Taxt. Dopo le due ottime prove precedenti, erano attesi a una conferma. Superano l’esame a pieni voti, pubblicando circa 47 minuti divisi in tre temi dove ambient e sperimentazione si solidificano in un corpo solo. Su basi sonore in vinile, saccheggiando in particolare la raccolta Fyloop del 2013, hanno costruito una tela composta da frammenti electro e strumenti elettrici e analogici. Pensato come progetto multimediale col pittore giapponese Akiko Nakayama, genera paesaggi audio di qualità. (gianluca diana)

 

POST HARDCORE
L’inganno
londinese

USA NAILS
FEEL WORSE (One Little Independent/Bertus)

**** Chi non li conoscesse non si facesse fuorviare dal nome, perché gli Usa Nails sono maledettamente inglesi, londinesi per la precisione, e con il loro post hardcore senza fronzoli e accomodanti sonorità, sparano a zero sulla società – non solo britannica ma soprattutto britannica -, sul consumismo, sul bullismo giovanile, sull’austerità e l’autoritarismo. Un disco che forse non sarà un manifesto di originalità in termini musicali, ma se cercate energia e ritmi belli tosti qui trovate pane per i vostri denti e suoni per le vostre orecchie. (roberto peciola)

 

ANCIENT VEIL
PUER AETERNUS (Maracash Records)
*** Festa grande per chi ama le opere concept del prog rock old school, come si usava mezzo secolo fa. Ancient Veil, ensemble navigato, propone qui in musica con personaggi il mito del «fanciullo eterno», con abbondante e serrata stratificazione di motivi mitologici e filosofici nei testi curati da Edmondo Romano, qui all’opera anche come eccellente polifiatista. Tra gli altri presenti Lino Vairetti, Sophya Baccini, Roberto Tiranti e un ensemble a nonetto di ospiti. (guido festinese)

A TOYS ORCHESTRA
MIDNIGHT AGAIN (Santeria)
***** Una delle band più rappresentative della scena italiana, tra le poche di respiro internazionale, firma l’ottavo album, a sei anni dall’ultima uscita. Un lavoro con una forte anima soul e blues, ombre dei Lou Reed, Jeff Buckley, Leonard Cohen più oscuri ma personalità, come sempre, da vendere. Grande capacità compositiva ed evocativa, enorme padronanza creativa, per un album che si candida tra i migliori dell’anno. (antonio bacciocchi)

ALESSANDRO BIANCHINI
10/5 (Birdbox Records)
*** Tra marimba e vibrafono si muove il giovane solista trentino alle prese con due standard – Invitation di Kaper e Bud Powell di Corea – accompagnato da Marco Micheli (contrabbasso) e Simone Brilli (batteria) e dalla voce di Beatrice Sberna nella title-track; assieme ad altri 4 temi originali, l’album propone un raffinato mainstream, dove la natura jazz del progetto si arricchisce di reminiscenze classiche per un esito finale più che soddisfacente. (guido michelone)

HANS WERNER HENZE
REINVENTIONS (Brilliant Classics)
***** La genialità di Hans Werner Henze trovava il suo spazio di rappresentazione anche nella prassi dell’arrangiamento. Come nel caso di questo prezioso lavoro – diretto da Marco Angius a capo dell’Orchestra di Padova e del Veneto – in un programma che presenta tre lunghe suite: Il Vitalino raddoppiato (da Vitali), Drei Mozart’sche Orgelsonaten e I sentimenti di C.P.E. Bach. Un concentrato di novità tratte da opere preesistenti che nelle tracce di Henze diventano assolutamente contemporanee. (marco ranaldi)

IFE
IFE (Radici Music)
**** Sono ife sonore proficuamente invasive quelle che attraversano l’ineffabile terra di nessuno musicale ideata dal bassista Luca Cartolari, occupando quasi ogni spazio espressivo. L’eredità spinta un gradino più in là degli splendidi Anatrofobia. Qui ci sono le tessiture elettroniche di Gian Pietro Seravalle, la voce e i testi di sottile inquietudine di Cristina Trotto Gatta, le tastiere di Brenda Quattrini. Avant rock, free jazz del terzo millennio, saturazione di spazi sonori e rarefazioni improvvise. Magnifico. (guido festinese)

DILETTA LONGHI
DIVERSITY (Birdbox Records)
**** Nu jazz, nella migliore delle accezioni possibili: quando la materia decanta e la gran parte degli affluenti del grande fiume afroamericano si armonizzano senza confliggere. Funk potente, jazz, reggae, screziature soul, crepitii hip hop, riferimenti world music e sudamericani, e, soprattutto, tanta classe. Longhi è una voce preziosa che si affaccia sulla scena discografica dopo tanta gavetta, molto studio, e un amore per la scrittura musicale e poetica. (guido festinese)